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recensione l'amore
non basta
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La storia d’amore,
tormentata e «a
singhiozzo»,
tra Angelo, giovane
sognatore che si mantiene
con piccoli lavoretti,
e Martina, impegnatissima
studentessa di restauro
e assistente di volo
part-time. Rocco Papaleo,
che nel film interpreta
svogliatamente un
doppio ruolo di giudice
e angelo custode,
ha l’aria dolente
dell’uomo solo
e stanco, preoccupato
per il figlio. Quest’ultimo,
infatti, è
un vero problema.
Suo e per chi guarda.
Angelo è un
personaggio tormentato
ma piatto, interpretato
con molta modestia
da Alessandro Tiberi
e presentato da Chiantini
in ossequio ai canoni
stereotipati degli
ultimi anni: imbranato,
romantico, sognatore
e fragile, con l’aggiunta
di una piccola compulsione
anal-retentive. Al
suo fianco troviamo
Martina, la donna
che ama e con cui
non riesce ad avere
una relazione sana. |
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Con
le fattezze
di una
Giovanna
Mezzogiorno
un po’
troppo
grande
perché
sembri
una
studentessa
e nonostante
i suoi
occhioni
azzurri
spesso
spalancati,
Martina
incarna
perfettamente
un altro
cliché
di cui
si sente
troppo
parlare
in questi
anni:
la donna
forte,
determinata,
saggia,
dolcemente
sbadata
e piena
zeppa
di impegni.
Inevitabile,
quindi,
che
tra
i due
l’amore
non
basti:
non
basta
perché
in amore
bisogna
saper
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costruire,
smontare e
rimontare;
bisogna avere
pazienza,
guardare avanti
e non scordare
ciò
che c’è
dietro; bisogna
sapersi piegare
al compromesso,
senza rinunciare
ad inventare
sempre qualcosa
di nuovo.
Questo vorrebbe
raccontare
Chiantini,
dimenticando
di cercare
strade nuove,
visto che
il concetto
è noto
ai più.
E così
l’amore
non basta
mai, come
non basta
per l’istrionico
Haber, intrappolato
anche lui
in un personaggio
da cliché,
quello dell’uomo
insensibile
e gretto,
fedifrago
e arrogante,
di cui è
vittima la
bella e triste,
ma pragmatica
Marit, madre
di Martina,
che ha imparato
ad accontentarsi.
Chiantini
racconta il
suo (il film
è personale
e si vede
ed è
questo il
principale
punto di forza)
mal d’amore,
ma non riesce
a sollevarsi
mai da quello
che è
già
risaputo ed
è stato
già
detto, si
perde nei
luoghi comuni
e ripercorre
le tappe di
tanti (non)
amori vissuti
nella vita
e nella finzione,
finendo per
descrivere,
piuttosto
che emozionare.
Qualche inquadratura,
con le strade
de L’aquila
a fare da
sfondo, è
indovinata,
ma non basta.
Come l’amore.
(recensione
di Dario
Bevilacqua
)
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non basta"! |
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