L'ABBUFFATA
 

recensione l'abbuffata

 
“Il cinema è morto”: più volte lo ripete durante la pellicola Neri (Diego Abatantuono), regista “guru” in crisi d’ispirazione tanto da venirla a cercare nel borgo isolato ed incantato di Diamante nella terra di Calabria. E’ solo l’incipit del nuovo film di Mimmo Calopresti, uscito il 16 novembre nelle sale e presentato in anteprima fuori concorso alla II Festa del cinema di Roma, perché il regista, maestro del documentario e del cinema verità, di carne al fuoco ne mette davvero parecchia: cinema e televisione (fino a rievocare i tragici fatti del G8 di Genova con tanto di “Porta a porta” targato Bruno Vespa), trash e autorialità, caos metropolitano e noia di provincia, la paternale di chi c’è l’ha fatta (l’attore Francesco interpretato dallo stesso regista) ed il rancore di chi al contrario vive i suoi insuccessi (Neri). Il tutto  
 
ruota attorno a 3 giovani cineasti, Gabriele (Paolo Briguglia), Nicola (Lele Nucera) e Marco (Lorenzo Di Ciaccia), il cui sogno è realizzare un cortometraggio tanto da essere spinti nella capitale alla ricerca dell‘attore protagonista, con esiti alquanto disastrosi. Il mesto ritorno è però rotto da una telefonata in francese che annuncia l’incredibile ingaggio di Gerard Depardieu tramite l’intercessione della sua  
fidanzata Amelie (Valeria Bruni Tedeschi), conosciuta nella trasferta romana. L’arrivo del grande attore a Diamante sconvolge la piatta e tradizionale vita del borgo, i cui abitanti si mobilitano per organizzare una grande festa in onore di Gerard.; qui il regista si getta in un finale (che non vogliamo svelare perché comunque “gustoso”) troppo frettoloso e, in un vortice di omaggi a Marco Ferreri e a Federico Fellini (ma non solo: vi sono rimandi a Orson Welles, Rossellini, Truffaut, Scorsese, Leopoldo Trieste, Troisi, oltre alcune memorabili sequenze tratte da alcuni capolavori come l’Anna Magnani di “Roma” di Fellini), non permette probabilmente allo spettatore di capire con precisione qual è il messaggio che egli vuole lasciare. Forse Calopresti crede di aver girato una commedia, in realtà è qualcosa in più, in un certo senso pare non rispondere ad alcun canone tradizionale, in una parola ci sentiamo di definirlo “Felliniano” con tutte quelle marcette e musichette da circo, da dilettanti allo sbaraglio che lo infarciscono qua e là. Girato con innesti in digitale che documentano i provini per la ricerca dell’attore protagonista con profondi primi piani, il regista, che vive a Torino, scopre finalmente il Sud con i suoi panorami, tramonti, profumi e colori in contrasto con la Roma caotica in cui i tre giovani proprio non si raccapezzano; il sud come luogo di ribellione alla Roma imborghesita, festaiola e pantofolaia allo stesso tempo, schiava dei reality che hanno perfino invaso Cinecittà e il leggendario Teatro 5 di Fellini: “Il cinema è morto”, dicevamo all’inizio, soprattutto a Roma e allora non resta che ricominciare daccapo, un po’ come nel secondo dopoguerra, un po’ come si fece col “Neorealismo”, un po’ come fece Rossellini ripartendo dal sud con un capolavoro come “Stromboli”. E’ forse questo il messaggio di Calopresti?

(recensione di Mirko Monti )

- Scrivi la tua recensione del film "l'abbuffata"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2007. Tutti i diritti (su articoli e recensioni) sono riservati.