|
|
|
|
|
|
Il diciassettenne
David Rice ha una
dote speciale: è
un “jumper”,
ossia possiede la
capacità di
teletrasportarsi ovunque
voglia. Il giovane
decide di usare questo
dono per arricchirsi
e godersi la vita,
ma sulle sue tracce
c’è un
misterioso giustiziere
che comanda una squadra
di “paladini”,
uomini addestrati
per dare la caccia
e uccidere i “jumper”.
L’inseguimento
giungerà al
culmine, mettendo
a repentaglio quanto
David ha di più
caro. Con la sua avventura
paranormale, Liman
trasmette tutto il
vuoto etico e culturale
che accompagna le
nuove generazioni,
orbitando con carrelli
spettacolari e iperbolici
su un personaggio
gelido e disilluso:
un giovane antieroe
privo di qualsiasi
sentimento di pietà
o solidarietà,
un essere anormale,
freddo, cinico e edonista,
che usa i suoi straordinari
poteri per il proprio
tornaconto perso- |
|
|
|
nale.
Come
ogni
super-eroe,
la sua
qualità
identitaria
si parametra
a quella
dei
suoi
–
in questo
caso
–
paritetici
avversari:
difensori
solo
del
loro
fanatismo
ultrareligioso,
i “paladini”
cercano
di sterminare
(invece
di neutralizzare
o convertire)
i “jumper”
e non
per
aiutare
la società
o per
finalità
di interesse
generale,
ma solo
per
ansia
di distruggere
i diversi,
giacché
questi
si permettono
di usare
un potere
che
|
|
|
|
dovrebbe essere
concesso solo
a Dio (l’ubiquità).
La mancanza
di un punto
di riferimento
teleologico
è,
tuttavia,
mal adoperata,
giacché
Liman non
si estrania
dalla battaglia,
ma porta chi
guarda a schierarsi
con il bel
faccino di
Hayden Christensen
(“io
sono diverso”,
dice, a sottolineare
i suoi nobili
fini, continuamente
contraddetti
dalle sue
azioni) e
a contrapporsi
al feroce
e violento,
per quanto
istrionico,
Samuel Jackson.
Ecco dunque
l’ennesimo
prodotto di
puro entertainment
da “vietare”
ai maggiori
di diciotto
anni, vuoto
e privo di
senso, acritico
e amorale,
superficiale
e qualunquista,
dove l’idea
del cinismo
diffuso è
svuotata di
ogni contenuto
analitico
o ironico
e neutralizzata
al fine di
creare empatia
per un protagonista
gretto e saprofita.
Ricco di brillanti
effetti speciali,
dotato di
un ritmo necessariamente
elevato, ma
anche pieno
di paradossi
fisici e forzature
narrative
(gli scontri
tra jumper
e paladini
potrebbero
essere risolti
a favore dei
primi con
molta più
facilità)
che si devono
dare per scontati,
“Jumper”
si presenta
come una nuova
saga globale
sul modello
“Jason
Bourne”
(non a caso
Liman è
il regista
del primo
episodio della
“Bourne-trilogy”),
ma svuotata
da ogni considerazione
socio-politica
o intimistica:
un frenetico
viaggio adolescenziale
attorno a
un piccolo
mondo che
si fa sempre
più
minuto, come
l’universo
interiore
di chi lo
abita. Un’avvertenza:
preparatevi
a svariati
e inutili
sequel.
(recensione
di Dario
Bevilacqua
)
|
-
Scrivi la tua
recensione del
film "jumper"! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2007.
Tutti i diritti (su articoli e recensioni) sono riservati.
|
|
|