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Fin troppo facile
rifiutare a priori,
e non senza un certo
compiaciuto snobismo,
l’ultimo (almeno
si spera) capitolo
della saga Rambo.
Allora si prova a
soffermarsi sui possibili
motivi del film, sui
significati che si
possono intravedere
al di là della
solita e prevedibile
carneficina in terra
esotica. E in effetti
la prima parte offre
spunti interessanti.
La figura di Rambo
come quella di Rocky
nell’ultimo
episodio, appesantita
dal suo essere solo
lontano (e malinconicamente
patetico) riflesso
del prototipo eroico
vissuto in gioventù.
E poi alcune riflessioni
(seppur solo “en
passant”) sul
significato stesso
della figura di Rambo
(«fino a questo
momento non hai ucciso
per il tuo paese,
ma per te stesso»)
come tragica e fumettosamente
apocalittica personificazione
del soldato americano
di ieri (il Vietnam)
ma anche di oggi |
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(l’Iraq).
Ma nonostante
i nostri
(sovrumani)
sforzi,
una
seconda
e funesta
(ma
non
per
i milioni
di cadaveri
sparsi
qua
e là)
parte
pensa
a sradicare
e frustrare
con
dolore
ogni
tentativo
di leggerci
qualcosa
di più
della
solita
paccottiglia
per
teenager
playstation-dipendenti.
Così
non
resta
che
fingere,
come
di fronte
a tanto
cinema
(?)
immondizia
(vero
Moccia?
vero
Banfi?),
che
non
esista.
Non
resta
che
rifiutarlo.
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Snobbisticamente.
(recensione
di Mattia
Mariotti
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recensione del
film "John
Rambo"! |
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