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recensione jimmy
della collina
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Il cinema come racconto
di verità reali,
realtà vissute
e sofferte. Spesso
esistono storie che
convivono con noi,
vicino a noi, nello
stesso quartiere dove
abitiamo, ma di cui
non sappiamo nulla.
Ed è il cinema
allora a raccontare
queste realtà,
talvolta con crudezza
sconcertante, riuscendo
a colpire nel segno,
con forza persuasiva.
Un cinema che talvolta
apre a conoscenze
che non avrebbero
mai raggiunto un percorso
informativo così
immediato e generalizzato.
“Jimmy della
collina” è
uno di quei film che
servono a far conoscere,
a mediare un mondo,
persone che vivono
in pianeti lontani
dal comune, sconosciuti
a chi non ci convive.
Lo scenario è
un paese, Sarroch,
nell’affascinante
terra di Sardegna,
circondata dal suo
mare immenso, le sue
montagne brulle, e
una raffineria petrolchimica
che dà lavoro |
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alla
gente
del
posto.
Lì
vive
Jimmy
(Nicola
Adamo),
diciotto
anni,
chiuso
e caparbio,
non
aperto
al dialogo
con
i suoi
familiari,
che
invece
si adeguano
a lavorare
come
operai
per
sbarcare
il lunario.
Jimmy
crede
nella
forza
dei
suoi
diciotto
anni,
crede
che
può
con
la tenacia
e la
tracotanza
puntare
sul
tutto
e subito,
crede
che
l’illegalità
sia
l’unica
via
d’uscita
da quell’isola
che
lo soffoca
e lo
schiaccia.
Ma non
è
così!
Per
lui
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si aprono
le porte del
carcere minorile,
luogo di miseria
umana. Poi
entra in una
comunità
di recupero,
ma il dialogo,
quel dialogo
che Jimmy
ha sempre
rifiutato,
perché
lui non s’identifica
con la sua
terra, con
la sua gente,
con la sua
famiglia,
anche in comunità
non esiste.
Anime spente,
braccate in
un’esistenza
che non riconoscono
come propria,
da cui fuggono
negandosi
l’identità
d’appartenenza
ai luoghi
natii, agli
affetti cari,
ai valori
comuni. Enrico
Pau, regista
di “Jimmy
della collina”,
racconta nel
film la vita
“fuori”
di questo
ragazzo, racconta
la vita di
una comunità
di recupero,
ragazzi che
lottano per
capire chi
sono veramente,
soffrendo
in un continuo
e duro conflitto
esistenziale.
Il film (che
ha vinto il
premio “Cicae”
al Festival
Internazionale
di Locarno),
tratto dal
romanzo di
Massimo Carlotto
è un
affresco amaro
e lucido sulle
dinamiche
esistenziali,
sui “riti”
che segnano
passaggi profondi
dell’esistenza
giovanile,
senza transigere
nel mettere
a nudo realtà
equivoche
ed emarginate.
Un lavoro
riuscito nella
sua oculata
essenzialità
di scrittura,
raccontato
con una fotografia
spettacolare
di Gian Enrico
Bianchi e
la recitazione
commovente
di attori
professionisti
come Nicola
Adamo e Valentina
Carnelutti,
affiancati
da quei ragazzi
della comunità
di recupero
che hanno
intriso il
film della
loro anima,
della verità
amara del
loro mondo.
“Jimmy
della Collina”
è vita
vera che,
grazie all’occhio
attento ed
indagatore
di un cineasta
come Pau,
incontra il
cinema e ci
porge, il
messaggio
disincantato,
che la possibilità
di una “rinascita”
alla speranza
può
sempre attuarsi
con l’aiuto
e l’altruismo
dell’amore
umano, quando
porge la mano
per risalire
la collina.
(recensione
di Rosalinda
Gaudiano
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della collina"! |
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