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recensione io sono l'amore
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L'ultimo film di Guadagnino perlustra e descrive il microcosmo dell'alta borghesia imprenditoriale lombarda, rappresentando le vicissitudini dei Recchi, potenti industriali alle prese con un'avvicendamento alla guida dell'azienda di famiglia. Una neve copiosa inbianca Milano e fa da sfondo perfetto alla freddezza dei rapporti interpersonali e alla formalità ipocrita che dominano il tanto atteso pranzo per la nomina dei successori. In questo clima austero Emma, la donna di casa di origine russa, sembra un pesce fuor d'acqua e trova conforto nell'affetto e la complicità della servitù di famiglia, annidata nel reparto cucina, un mondo a parte. Il richiamo del cibo saprà attrarre inesorabilmente la donna spingendola a seguire i profumi e la passione e ad abbandonare la razionalità. Complice in questo gioco |
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fatto di segreti e silenzi sarà Antonio, abile cuoco grande amico del figlio. Molto chiara, forse anche troppo esplicita, la metafora di fondo, cioè la contrapposizione tra l'inquinamento esistenziale della società industriale e il ritorno all'istinto, alla spontaneità e all'amore. Il tutto è condito da una regia barocca, spesso presuntuosa, che se può in qualche modo essere giustificata quando descrive l'altezzosità |
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alto-borghese, diventa irritante dopo, nelle scene in cui si celebra il ritorno alla natura. "Io sono l'Amore" rimane quindi un film celebrale, con un indubbio potenziale emotivo castrato dalla freddezza formale. Da segnalare la bella e intensa interpretazione della Swinson, splendido assolo non inserito in un tutto organico, e penalizzata da inquadrature volte ad un virtuosismo tanto inutile quanto ripetitivo e noioso. La tensione dell'ultima mezzora, favorita dalla colonna sonora, vero valore aggiunto della pellicola, salva in parte il giudizio finale. Trattasi di film estremo e proprio per questo esposto a pareri molto discordanti; tuttavia in un'opera cinematografica tutto dovrebbe avere un senso, fosse anche ogni piccolo ed estroso movimento di macchina, così come il linguaggio audiovisivo dovrebbe assecondare il narrato.lungi dal dover celebrare un artificioso ritorno alla natura.
(di Lucio De Candia)
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