INVASION
 

recensione invasion

 
Di un nuovo remake de “L’invasione degli ultracorpi” sentivamo davvero la mancanza. In versione action movie stavolta con l’ennesima variazione sul tema degli zombie a farla da padrone. Una volta corrono, una volta tramutano, una volta sono belve fameliche, in “Invasion” sono filosofi epicurei che hanno finalmente raggiunto la cosiddetta “atarassia”. Povero Oliver Hirschbiegel apprezzato regista tedesco (suoi “the experiment” e “la caduta”) che se ne va a Hollywood per compiere il grande salto e si trova davanti dapprima ad un pasticcio simile, sorretto da una trama che non basterebbe nemmeno ad un episodio di una fiction televisiva, e poi al produttore Joel Silver che non contento pensa bene di sostituirlo con James “V per vendetta” McTiegue! Le idee non sono chiare insomma e si vede. “Invasion” si potreb-  
 
be così riassumere: un gruppo di uomini infettati da una spora giunta dallo spazio profondo cercano di infettare altri uomini vomitando loro in faccia e trasformandoli in automi privi di emozioni (ma una bella lobotomia, no?). Bonjour finesse. In slalom tra conati che sprizzano liquami verdastri e sostanze gelatinose che fermentano, ecco per un’ora e mezza schivare Nicole Kidman mossa da ottuso e cieco amore materno impe-  
gnata anima e corpo a portare in salvo il figlioletto, dove? come? da chi? quando e perché? non ci è dato sapere, come se il presunto/scontato amore di una madre per un figlio bastasse di per sé a fare una sceneggiatura. Lei lotta per non addormentarsi (e noi con lei) mentre in evidente stato confusionale fuori e dentro lo schermo non riesce più ad azzeccare un film decente (ai divi di Hollywood talvolta succede: al culmine della carriera improvvisamente impazziscono. Tra i casi accertati c’è quello di Edward Norton che si appresta a fare l’incredibile Hulk). Con lei un inutile Daniel Craig in un ruolo che se venisse cancellato in toto nessuno se ne accorgerebbe. Fastidioso come pochi il bambino (occhioni, sorrisini, vocina, capelli biondi, avete presente?) capace di far rimpiangere la peggior Dakota Fanning (ma non svegliamo il can che dorme…). Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata dalla moralina finale spiaccicata a mo’ di frasetta sui titoli di coda come amara e riflessiva nuova consapevolezza acquisita dopo la disavventura: il mondo è cattivo perché l’essere umano è umano. Solo se si togliesse all’uomo la sua umanità il mondo potrebbe diventare migliore. E allora sì, che ci infettino tutti, così non proveremmo più odio, non avremmo più guerre, più carestie, più catastrofi e chissà, magari non dovremmo nemmeno più subire film come questo.

(recensione di Mirko Nottoli )

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