INTRIGO A BERLINO
 

intrigo a berlino recensione

 
Che belli i vecchi film in bianco e nero, i noir degli anni ’40, quelle belle facce d’attori scolpite, così cinematografiche, Casablanca, con la sua locandina d’altri tempi e quel finale all’aeroporto, sotto la pioggia. Che belli! Per Intrigo a Berlino Soderbergh (a proposito, alzi la mano chi ha capito se è un genio o un ciarlatano) ha adottato tecniche di ripresa del periodo in cui il film è ambientato, il 1945 appena dopo la fine della guerra, con una sola cinepresa, obiettivi originali, retroproiezioni per le riprese dei fondali e materiale d’archivio integrato con immagini inedite. Insomma, operazione filologica ineccepibile ma in fondo chissenefrega? Ok, alla Section Eight di Soderbergh e Clooney dimostrano di ben conoscere il cinema del passato (o quasi). Ma ribadiamo: ecchissenefrega? Tanto George Clooney, più imbambolato che  
 
mai, impegnato a prendere legnate da chiunque gli passi vicino, non è Humphrey Bogart, Soderbergh non è Curtiz e nemmeno il 2007 è più il 1942. La noia regna incontrastata in quanto al di là del comunque discutibile aspetto formale, che è roba che si digerisce in 10 minuti netti dall’inizio del film, (come se Casablanca fosse questione di aspetto formale!), non riusciamo a trovare un motivo che sia uno per  
seguire l’evolversi della vicenda, distante nei tempi e nei modi, impersonale, priva di qualsiasi tipo di fascino o di attrazione, appiattita sulla vuota ed esclusiva esibizione della propria compiaciuta messa in scena. In attesa di Ocean’s thirteen, dove rifaremo l’ennesima scorpacciata di glamour e hairstylist al lavoro sulla chioma di vagonate di star in libera uscita, Soderbergh, che ha trovato in Clooney un perfetto sodale per le proprie scorribande attraverso i generi, continua a muoversi con apparente disinvoltura tra cinema indipendente e cinema mainstream, tra sperimentazioni e azzardi alla prova dei fatti del tutto gratuiti (come in questo Intrigo a Berlino), budget che si gonfiano e si sgonfiano a seconda dell’esigenze, scelte stilistiche che hanno tanto il sapore di capricci passeggeri, nuovi modelli produttivi e canali di distribuzione pseudo-alternativi. La sensazione è che loro si divertano un mondo, noi molto meno. Perché i filmini amatoriali, girati con la telecamerina a mano, tanto per passare il tempo, si fanno a casa e poi si fanno al massimo vedere agli amici, così, giusto per farsi quattro grasse risate. Qualcuno a Soderbergh&Co. dovrebbe dirlo. Altrimenti da noi si chiama prendere per i fondelli la gente.

(recensione di Mirko Nottoli )

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