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E che questo “vagabondare”
possa continuare,
dolcemente. Si è
chiuso il sipario,
ma questa pellicola
continua a vivere
dentro. Capitolo 1:
LA NASCITA. Vi sono
delle condizioni per
prepararsi alla visione,
presupposti che sottolineano
il fatto che questo
film non assomiglia
a nessun altro. Uno
di questi è
imperativo: sentitevi
soli. Entrate in sala
e chiudete qualunque
porta vi tenga in
contatto con il mondo
esterno. Dilatate
i sensi per e verso
il grandeschermo:
ossia non ascoltate
voci altrui, non annusate
alcun profumo vi sieda
accanto, non gustate
i falsi sapori di
pop corn o patatine,
non guardate con i
soli occhi ma con
il cuore, non limitatevi
a toccare superfici
reali. Provate a fondervi
con quel che Sean
Penn ha la maestria
di mostrare. Dimenticate
il mondo ed entrerete
a far parte di uno
nuovo. Soltanto attraverso |
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questa
completezza,
“ogni
cosa
avrà
il suo
nome”:
proverete
non
solo
a “guardare”
gli
splendidi
paesaggi
(quasi,
così
tanto
spazio,
intimidisce.
L’estrema
assenza
di civiltà
rende
impotenti.
Sensazione
che
inizialmente
impaurisce,
poi
toglierà
il fiato
fino
a desiderarlo
tutto
quanto)
ma a
“viverli”.
Non
provate
vergogna
quando
le dita
(come
l’intero
corpo)
brameranno
di toccare
la reale
consistenza
della
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natura. Avete
mai ascoltato
il canto dell’acqua?
Con quanta
facilità
trova le note
giuste, a
contatto con
sé
stessa o altre
superfici.
E poi gli
odori, qui
pare di scorgere,
per ognuno,
un’anima:
la terra bagnata,
il grano,
l’erba
calpestata,
la neve fresca.
Noi tutti
amiamo l’odore
che hanno
le cose nuove,
le pagine
di un libro
appena scartato,
le scarpe
appena acquistate…
mai ci soffermiamo
su quelli
“consunti”.
Si prova anche
ad immaginare
il sapore
della carne
selvatica:
sicuramente
più
“vero”.
Sentirsi falsamente
sazi di quel
poco che la
sola natura
offre, ma
riconoscersi
appagati di
averla guadagnata
con le proprie
mani. A costo
di sporcarsi
la pelle di
sangue e fatica.
Capitolo 2:
L’ADOLESCENZA.
Entrare nella
vita di Chris
McCandless
( Emile Hirsch)
non è
semplice.
Il suo personaggio
non è
immediato
e spontaneo
ma complesso
e in continuo
movimento.
L’ordine
non cronologico
dei fatti
diviene utile
per comprendere
(e giustificare)
le sue scelte.
Lo conosciamo
già
libero e solo
lentamente
viviamo il
suo passato.
Dopodichè,
diveniamo
anche noi
abitanti del
mondo. Persone
di passaggio,
sfiorate appena.
Ci immedesimiamo
in ognuno
di quei viaggiatori
distratti
che Chris
incontra lungo
il suo percorso
e che hanno
la fortuna
di arricchirsi
con la sua
integrità,
la sua semplicità,
la sua generosità,
e in ultimo
faticano a
separarsi
da questa
sua ricchezza
interiore.
Ogniqualvolta
assistiamo
ad un “distacco”,
sentiamo che
a poco a poco
anche una
parte di noi
se ne priva.
Chris (o per
meglio dire
“Alexander
Supertramp”)
diventa ciò
che noi vorremmo
essere. Essenza
di naturalezza.
Assenza di
costrizioni.
Vivere e viversi.
Capitolo 3:
LA FAMIGLIA.
Questo film
rafforza il
suo valore
attraverso
i rapporti
umani. “Il
dare per avere”,
non si rispecchia
in imposizioni.
Ma nasce spontaneo.
Chris incontra
amici con
il quale condivide
tutto in un
lasso di tempo
troppo breve
per noi uomini
consueti.
Noi necessitiamo
di anni per
persuaderci
a “partecipare”
in maniera
assoluta.
Per lui il
potersi esprimere,
rappresentando
i proprio
sogni, le
paure, le
volontà,
significa
amare il prossimo.
Lui insegna
agli altri
il valore
della libertà.
Gli altri
restituiscono
a lui il senso
della razionalità.
Ma senza obblighi.
In una rete
di spontaneità
che commuove.
Il “nonno
adottivo”
(Ron Franz
- Hal Holbrook)
con il quale
condivide
la vigilia
della partenza
mi ha concesso
le lacrime.
Mi ha strizzato
il cuore fino
a renderlo
stanco. Debole
di fronte
a tanta delicatezza,
in ginocchio
davanti ai
rancori. Entrambi
diventano
proprietari
di qualcosa
in più
dopo quell’incontro:
Chris riconosce
il significato
della Fede
(che può
presentarsi
sotto forme
diverse. Il
cielo, per
esempio),
Ron ritrova
la voglia
di aprire
le braccia
verso nuovi
orizzonti,
senza paura.
Quello della
famiglia vera,
è un
concetto assai
delicato per
il protagonista:
coloro che
dovrebbero
rappresentare
i punti cardine
dello snodarsi
della vita
sono invece
ombra di malinconie.
Motivo di
fuga dal mondo
“costruito”,
alla ricerca
di spazi sconfinati
dove lasciare
al vento le
sofferenze
e soffocare
tutto quel
che è
“materiale”.
William Hurt
e Marcia Gay
Harden (rispettivamente
il padre e
la madre di
Chris) raccontano
(con molti
sguardi e
poche parole)
l’evolversi
della disperazione
per un figlio
che cresce
lontano e
senza renderli
partecipi.
Chris dà
l’impressione
di scappare
da loro, quando
invece impariamo
a comprendere
che sono loro
ad aver lasciato
che questo
accadesse.
Carine (Jena
Malone) ,
la sorella
di Chris,
dà
voce alla
storia. Dona
parole, alle
nostre emozioni
di spettatori.
Capitolo 3:
LA CONQUISTA
DELLA SAGGEZZA.La
discesa attraverso
le rapide.
Danzare insieme
ad una mandria
di cavalli.
Decidere di
non sparare,
quando la
fame attanaglia
lo stomaco,
nello scoprire
che il bersaglio
prescelto
è in
compagnia
del suo piccolo.
Commuoversi
di fronte
ad una moltitudine
di bestie
al pascolo.
Aprire le
braccia verso
una curva
di cielo che
senti di possedere.
Sognare la
libertà,
combattere
per averla,
raggiungerla
e lasciarsi
ingannare
da essa. Questo
film è
forte di immagini
indelebili.
E di una colonna
sonora maestosa
(grazie anche
alla voce
calda di Eddie
Vedder- cantante
dei Pearl
Jam - e ai
suoni armoniosi
della sua
chitarra.
Splendido).
“Chris-Alexander”
amava lasciare
traccia di
sé.
Scriveva dappertutto
e con qualunque
cosa. Attraverso
questo bisogno
ci ha reso
possibile
conoscere
la sua incredibile
avventura.
L’Alaska
diventa mèta
dei nostri
sogni. Anche
noi vorremmo
vivere di
libertà.
Ma il mondo
non lo ammette.
Non possiamo
abbandonare
la nave e
viaggiare
soli. Non
possiamo permetterci
di fare come
lui. Siamo
uomini e gli
uomini sono
nati per “spartire”.
Il rischio
che si corre
assistendo
al film è
quello di,
una volta
ritrovata
la normale
quotidianità,
trovare tutto
superfluo
e mai abbastanza.
(recensione
di Chiara
Spini )
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