IL VENTO CHE ACCAREZZA L'ERBA
 

- recensione -

 
Colpisce forte Ken Loach, e vince il Festival 2006 di Cannes rievocando linearmente la parabola di “terra e libertà”. Della Spagna del ‘36, ci ricordò prima l’anti-franchismo e poi lo scontro interno alla sinistra (emissari di Stalin contro anarchici e trotskisti). Similmente, nell’Irlanda del ’20, il passaggio dalla dominazione inglese alla lotta fratricida. Dunque, la Storia è lì a mostrare i ricorsi che accompagnano da sempre l’Umanità. In questo caso, il costante ostacolo sulla strada di un conflitto di liberazione, cioè l’inconciliabilità tra aspirazione all’Utopia e gestione del Potere. Ma un passo prima c’è la guerra, con le sue sempre spietate leggi. Secondo le quali, assistere agli omicidi e alle brutalità di un esercito occupante può trasformare uno studente di medicina innamorato in un soldato che dice: “non sento più  
 
niente”, capace di uccidere l’amico d’infanzia macchiatosi di tradimento. O portare un uomo a fucilare il proprio fratello divenuto avversario. Per l’Inghilterra, da un lato il mantenimento di una presenza militare nella vicina colonia (priva di ricchezze, si moriva di fame e 1 su 4 era disoccupato) al costo di 10 mila sterline al giorno, e dall’altro l’acuirsi della resistenza (scioperi di intere categorie di lavoratori, azioni  
militari e zone controllate dall’IRA), spinsero il governo ad una tregua le cui pesanti condizioni imposte da una posizione di forza non potevano che dividere gli irlandesi. Essi dovevano giurare appartenenza al Regno Unito e fedeltà alla Corona, pena una reazione “immediata e terribile”. Quindi l’accordo di pace non sarebbe stato espressione della volontà del popolo, ma della sua paura sotto la minaccia inglese. E infatti “non approvato da chi combatte” significò che 7 Volontari su 10 lo rifiutarono, ed ebbero inizio gli attacchi intestini. Questo anche perché c’era un altro punto di attrito: secondo il programma d’ispirazione socialista del Parlamento Irlandese, la priorità avrebbe dovuto averla il pubblico rispetto al privato, mentre invece classe benestante, Chiesa, graduati dell’esercito e giornali si muovevano in direzione opposta (“cambieranno solo gli accenti e il colore della bandiera”, sostenevano i ribelli). ‘The wind that shakes the barley’, dal testo di una ballata ottocentesca irlandese, è un film epico. Crudo, sincero, toccante. Politico nel senso più puro di documentata ricerca storica, analisi e riflessione, con la semplicità che raggiunge tutti: Loach ci consegna una delle opere più alte della sua cinematografia.

(di Federico Raponi )

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