IL VELO DIPINTO
 

il velo dipinto recensione

 
Anche se il matrimonio giuridicamente è un contratto tra due persone, bisogna sempre tener presente che: “le persone sono imprevedibili”. Remake del film di Richard Boleslawski, anno 1934, con Greta Garbo, questa volta “Il velo dipinto” approda sugli schermi del cinema diretto da John Curran, con un cast di tutto rispetto. Tratto dal romanzo del 1925 di William Somerset Maugham, il film narra la storia del matrimonio tra Walter Fane (Edward Norton), medico inglese, epidemologo, di ceto medio, e Kitty Fane (Naomi Watts), giovane donna dell’alta borghesia inglese, piena di gioia di vivere, e non ancora pronta per un progetto così impegnativo, come il matrimonio, per di più con un uomo per il quale non nutre nessun sentimento d’amore. La coppia parte per la Cina, destinazione Shangai, centro d’intrighi  
 
politici, e ormai dimora del vizio. Il legame che unisce Walter e Kitty non tarda a rivelarsi privo di slancio e di passione. Kitty, che è piena di voluttà, trova il suo sfogo di passione amorosa nella relazione con il vice Console Inglese, Charlie Townsend (Live Schreiber). Scoperta la tresca e l’inganno della moglie, Walter decide di punirla severamente, trascinandola con sé in uno sperduto villaggio: Mei-Tan-Fu, decimato da una  
terribile epidemia di colera. Il luogo, isolato tra laghi, montagne e boschi, offre solo la stretta vicinanza tra le persone inviate sul posto per motivi politici o umanitari. Walter Fane è completamente assorbito dalla sua missione di medico, e Kitty, grazie all’amicizia con il deputato Waddington (Toby Jones), riesce a rendersi utile nel supporto alla missione gestita sul luogo da suore. Mentre la vita matrimoniale tra Walter e Kitty scorre in parallelo, sempre più ostile e insensata, ad un tratto i due coniugi avvertono che comunque, in quel posto lugubre, afflitto da pestilenza e miseria, stanno strutturando tra loro un rapporto, in cui riconosceranno reciprocamente l’emergere di stima, rispetto ed anche amore. A piccoli passi John Curran, sulle note dolcissime di un lento Erik Satie, costruisce un film ben confezionato. “Il velo dipinto” (che simbolicamente rappresenta il tessuto trasparente e “velato” che cela malamente le verità della vita), è un dramma di sentimenti, soffocati, feriti, alla fine ricomposti alla luce della scoperta dell’essenza vera della vita, quando inesorabilmente compare la morte. Tuttavia, nonostante l’impegno recitativo dell’ottimo cast, una buona ambientazione scenografica ed un’accurata e minuziosa attenzione nei costumi, nonché una sublime colonna sonora (che ha meritato il Golden Globe 2007), il film non si caratterizza a sufficienza in quel pathos incisivo di contrapposizione introspettiva dei personaggi. Gli elementi del film purtroppo restano imbrigliati in una rigida forma narrativa, non permettendo l’espressione di quella forza emotiva, spinta emozionale che caratterizza il dramma, soprattutto sentimentale.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )

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