IL SOFFIO DELL'ANIMA
 

recensione il soffio dell'anima

 
Tratto da una storia vera, "Il soffio dell'Anima" è il frutto di un ammirevole progetto, quello di portare nel circuito cinematografico le vicende narrate nell'omonimo romanzo di Valentina Lippi Bruni, vicende che parlano di malattia, sofferenza, diversità, ma soprattutto di coraggio. In seguito ad un trapianto di rene non riuscito, Alex è costretto a convivere sin dalla tenera età con la dialisi e con un inevitabile senso di menomazione e inadeguatezza. Si sente diverso Alex, debole e inferiore agli altri; proprio per questo trova riparo nelle arti marziali, che sembrano l'unico mezzo di riscatto nei confronti di un destino beffardo. La scelta di continuare la sua lotta personale nonostante l'avversione del padre, ma soprattutto un faticoso cammino verso la propria dimensione più intima e spirituale (la propria anima per l'appunto) , riusciranno a condurlo oltre  
 
gli ostacoli e le menomazioni fisiche, fino al raggiungimento di una totale accettazione di sé. In questo percorsoè accompagnato da Luna, conosciuta proprio in ospedale e subito diventata il suo sostegno, così come da una misteriosa donna cinese che lo guida verso una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità interiori. Non tutti però accettano il diverso; in particolare un giovane che frequenta la sua stessa palestra non perde occasione per stuzzicarlo se non, addirittura, picchiarlo a sangue. Poco importa: la vera lotta non è contro gli altri, ma solo contro sé stessi. La pellicola non sfrutta a pieno le potenzialità di una storia bella, semplice e profonda, in primo luogo a causa di una sceneggiatura didascalica,
retta su dialoghi inefficaci, a volte ridondanti; per citare un esempio, a fine film si scopre che la casa della guida spirituale è fatiscente, disabitata da anni: Alex ha quindi immaginato tutto..allora perché spiegarlo a parole, perché non far parlare le immagini?. Ciò svilisce un pò la stessa interpretazione degli attori che non sono messi in condizione di dare il meglio di sé se non quando l'attenzione è sui volti, quando il dialogo tace. Inoltre la caratterizzazione di qualche personaggio minore lascia più che perplessi; Nico dovrebbe incarnare il ruolo di chi, per insensibilità o ignoranza, odia il diverso fino ad averne paura, a causa dell'incapacità di comprenderlo. Di fatto finisce per essere il "cattivo" e i suoi comportamenti appaiono eccessivi, fuori luogo, non supportati da una psicologia che possa renderli minimamente credibili. Il film, primo in Italia ad essere proiettato in anteprima sociale con i sottotitoli per non udenti, manda un messaggio di speranza, un invito al coraggio. E' inoltre destinato a favorire il superamento di barriere sociali e pregiudizi ormai non più accettabili in una società matura. Da noi, quindi, un invito alla visione..nonostante tutto; il tema trattato e la forza della storia, molto coinvolgente, lo meritano a prescindere.

(di Lucio De Candia )


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