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Il riccio è un film tutto al femminile, che ha l'intento di mostrare un "essere donna" molto lontano da quello patinato delle copertine. Le due protagoniste Paloma (Garance Le Guillermic) e Renée (Josiane Balasko) sono due esseri borderline, benchè apparentemente ben integrate nella società. La piccola Paloma è una bambina di dodici anni, figlia più piccola di una famiglia bene parigina, ha una promettente e acuta intelligenza ed è affetta da un nichilismo congenito. La portiera Renée all'apparenza è come dovrebbe essere una portiera (sciatta, grassa e poco socievole), in realtà nasconde una rara ed eccentrica eleganza e una vasta cultura da autodidatta. La loro delicata amicizia e la conoscenza del nuovo raffinato inquilino giapponese, Monsieur Kakuro Ozu (Togo Igawa), segnerà per entrambe il |
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punto di svolta e una ricongiunzione con il resto della comunità. Il film di Mona Achache, tratto dal bestseller di Muriel Barbery, L'eleganza del riccio , tocca temi molto delicati - la morte, la famiglia, il pregiudizio e la disparità sociale - lo fa in qualche caso con un sorriso sardonico, in qualche caso con una rara leggiadria. Peccato, però, che non sia (per parafrasare l'augurio fatto da Renée alla piccola Paloma) all'altezza di quel
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che promette. Se, il soggetto è molto stuzzicante, per il capovolgimento di punti di vista che contiene in potenza, il ritmo lento del film rende poco godibili gli aspetti comici e poco incisive le svolte tragiche. Chiuso entro gli angusti confini del condominio di rue de Grenelle numero 7, il film stenta a prendere il volo, ma restano impresse alcune battute, osservazioni ed espressioni, soprattutto perché provengono da voci inaspettate e abbastanza naturalmente inascoltate, quelle di una bambina e una persona umile. Non è difficile ritrovare alcune contraddizioni della società contemporanea nel bislacco comportamento della famiglia di Paloma e nelle sue taglienti osservazioni. Purtroppo, però, l'impressione è che il film non sappia andare oltre l'ascendenza libresca e finisca per impaludarsi nella verbosità.
(di Maria Silvia Sanna )
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