IL PUNTO ROSSO
 

recensione Il punto rosso

 
Pare che in Italia i filmaker per poter ottenere visibilità nel campo cinematografico, debbano autogestirsi e soprattutto autoprodursi e autodistribuirsi. Con il film “Il punto rosso”, opera prima del giovane regista romano indipendente Marco Carlucci, più volte premiato per la realizzazione di cortometraggi e documentari, il cinema fa “storia”. Il palcoscenico degli eventi è Roma, dove vive Riccardo Simeoni (Fabrizio Sabatucci), Ricky per gli amici, che fa il cabarettista. Ad un certo punto, per Ricky si profila all’orizzonte la possibilità di tuffarsi in un progetto di vita per lui quasi pazzesco: fondare un partito politico e candidarsi alle prossime elezioni comunali. Ricky ci riesce! Con l’aiuto indispensabile del suo gruppo di fidatissimi amici (nella recitazione: Valeria Mei, Andy Luotto, Francesco Venditti), il coraggioso ed idealista Ricky desidera  
 
contribuire ad un significativo ed onesto cambiamento nell’Italia di oggi, e fonda il partito: “Gli invisibili”. Il Ricky fiducioso, idealista, ben presto si scontrerà con una realtà sotterranea che organizza la vita della gente, del popolo. Si renderà conto che tutto il sistema delle comunicazioni è ingabbiato in un potere occulto, lontano dal rispetto di forme di libertà e diritti sociali. Quando Riccardo Simeoni veste il suo  
naso con una pallina rossa da clown, fa colpo sugli elettori, che, avendolo riconosciuto come già personaggio televisivo, seguono in massa la sua campagna ed il suo “partito”. Quel “punto rosso” è un richiamo che sa tanto di farsa, ma gioca a favore di un messaggio che di consistente ha ben poco, ma che riesce a catturare l’attenzione della gente. Il film “Il Punto Rosso” non è molto apprezzabile dal punto di vista dello stile e dell’estetica delle immagini, ma coglie la comunicazione giusta nel messaggio che il regista si è proposto: un messaggio di protesta democratica, coraggioso e spiazzante nei riguardi di una politica che si nutre d’inciuci e naviga nel sotterraneo, spartendosi a fette gli ambiti sociali di un’intera nazione. Il filmaker Carlucci, con questo film, trova una nuova strada per proporsi al grande pubblico. Senza uniformarsi ai meccanismi standard della grande distribuzione, non ha rischiato che il suo lavoro fosse dichiarato “anarchico” e bocciato in partenza. E la “fiaba sociale”, come lui stesso definisce il suo lavoro, realizzato mediante tecnologie digitali, ha un riscontro positivo, come pura narrazione di fatti a riferimenti reali. Da sottolineare la giusta scelta e l’uso delle musiche che fanno da supporto al montaggio ben studiato e costruito dallo stesso Carlucci. Forse con qualche scena di troppo all’inizio, ma la seconda parte riscatta in pieno lo sforzo dell’impegno compiuto dal giovane, promettente, intraprendente ed attuale regista italiano.


(recensione di Rosalinda Gaudiano )

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