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recensione il
pugile e la ballerina
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Girato nelle strade
del centro di Roma,
in quella Piazza Sforza
Cesarini, tra Via
dei Banchi Vecchi
e Corso Vittorio Emanuele,
che rappresenta il
fulcro del film, un
luogo che diventa
attore, punto d’incontro
di amici, nemici,
storie e violenze,
il film rappresenta
l’esordio alla
regia per Francesco
Suriano, già
comunque autore di
un documentario. Ed
è una scelta
molto coraggiosa se
si considera la particolarità
dell’argomento
trattato: il rapporto
tra “uomo e
uomo”, inteso
sia a livello di amore
omosessuale, sia come
rapporto di lavoro
e amicizia. La pellicola
si snoda (un po’
troppo in modo contorto)
attraverso le ultime
ore del rapporto tra
Enzo, mercante d’arte
omosessuale, e Fabio,
pugile etero: un amore
unilaterale di 3 anni
che non verrà
mai corrisposto, senza
alcuna speranza, seppure
Fabio non neghi il
bisogno che ha per
Enzo ma non in |
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termini
di amore.
Il tutto
con
attori
che
non
lo sono
di professione,
ma raccontano
semplicemente
loro
stessi.
Questo
va ad
intrecciarsi
con
la storia
di Osho
e Carletto,
che
si arrangiano
facendo
piccole
truffe
fingendosi
polliziotti.
Anche
il loro
è
un rapporto
molto
difficile,
fatto
di rapporti
di forza.
C’è
chi
comanda
e chi
è
troppo
vigliacco
e addirittura
racimola
qualche
soldo
rubando
la pensione
alla
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madre. Loro
sono sì
invece attori
di professione.
Le storie
di queste
due coppie
si sovrappongono,
si intersecano
e si confondono
in un continuo
contesto di
piani narrativi
e temporali
differenti.
Tanto che
spesso la
visione non
risulta particolarmente
semplice per
lo spettatore.
Ed è
un peccato
perché
forse una
migliore resa
dell’intreccio
avrebbe consentito
al pubblico
di immedesimarsi
meglio nei
personaggi,
di calarsi
maggiormente
nel contesto:
si rimane
invece troppo
distanti,
impegnati
a capire in
quale momento
della storia
ci si trovi.
Il dualismo
quindi come
filo rosso
che unisce
le varie parti
del film.
Il dualismo
all’interno
della coppia
e dualismo
tra le coppie,
dualismo tra
finzione e
realtà
con la scelta
di attori
e non attori,
persino della
fotografia,
con la scelta
dell’esperto
direttore
della fotografia
Alessio Gelsini
di due tipi
di “colori”,
un presente
piuttosto
fosco e cupo
ed un passato
più
solare e colorato.
Realizzato
col contributo
del Dipartimento
dello Spettacolo
del Ministero
per i Beni
e le Attività
Culturali,
il film non
riesce appieno
nel suo intento
e coinvolge
troppo poco.
La regia di
Suriano è
precisa, sempre
attenta, seppure
rimanga“fredda”,
non entra
nelle emozioni
dei personaggi.
E questo purtroppo
non è
un pregio.
(di Mauro
Missimi
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ballerina"! |
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