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IL
PRIMO GIORNO D'INVERNO |
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recensione il
primo giorno d'inverno
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"Sembra sia impossibile,
per il nostro cinema,
potersi raccontare
adeguatamente, farlo
con la profondità
che si reclama, senza
chiudersi nei parametri
(un poco fastidiosi)
della prova autoriale
che, ben presto, finisce
a logorarsi nel proprio
ego (v. la camera
fissa di Valerio per
i corridoi). La storia
di Valerio, un ragazzo
complessato che si
isola dal mondo intero,
potenzialmente omosessuale,
che divide la sua
grigia esistenza tra
la famiglia (una madre
e una sorellina innamorata
dei conigli e delle
recite scolastiche)
e le lezioni di nuoto,
aveva sicuramente
qualche potenzialità.
Avrebbe potuto raccontare,
il film, l'ostilità
della provincia anche
nei suoi aspetti omofobi,
il tema del bullismo
o il difficile inserimento
nella quotidianità
sempre più
greve e monotona di
un giovane contemporaneo.
Assunto a tipologia
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dei
ragazzi
di oggi,
Valerio
non
è
un personaggio
così
banale
come
verrebbe
facile
presentare
(vista
anche
la recitazione
francamente
imbarazzante
del
protagonista),
ma è
tutto
quello
che
gira
intorno
a lui
a sembrare
(o essere?)
pretestuoso
ai fini
del
(modesto)
risultato:
l'istruttore
di nuoto
che
vessa
i ragazzi
colpevoli
di non
raggiungere
adeguati
risultati
è
in questo
senso
emblematico.
Così,
le effusioni
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gay di due
ragazzi nella
doccia (imput
che permetterà
a Valerio
di ricattare
i due, fino
allo sviluppo
tragico della
vicenda del
film) non
solo sono
castissime
e imbarazzanti
per l'incapacità
di trasmettere
un minimo
di affetto
e sensualità,
ma Locatelli
si affretta
a trovare
ai due amichetti
due piacenti
signorine
per altre
(normali???)
intimità
giovanili.
Non gli si
può
dar torto,
visti i titoloni
morbosi dei
quotidiani
sulla presenza
di "film
gay"
(un'etichetta
e una condanna?)
alla mostra
del cinema
di Venezia.
Così
finisce che,
appena le
motivazioni
di Valerio
sembrano aver
trovato un
senso nel
suo drammatico
e liberatorio
pianto, Locatelli
dia l'impressione
di concentrarsi
unicamente
sull'aspetto
tecnico del
suo film.
Lasciando
che il superfluo
prevalga sulla
cura formale
(l'insostenibile
recita scolastica
Francescana,
le irritanti
divagazioni
sull'albero
di natale)
e, soprattutto,
su un finale
che sembra
ritrovare
per un istante
"le vie
della ragione".
Peccato, fra
l'altro, che
il tema dell'isolamento
dei giovani
e giovanissimi
non sia esclusivamente
relegato al
tema delle
scelte sessuali
più
o meno volontarie:
davanti a
Valerio e
Lorenzo si
direbbe che
ben altri
motivazioni
(mentali?)
possano minare
questa espressività
ingabbiata
in un film
che, proprio
come il tema
che tratta,
vorrebbe "liberarsi"
ma non ci
riesce.
(di Luca
D'Antiga
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d'inverno"! |
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