IL PASSATO
 

recensione il passato

 
La fine di una storia d’amore è sempre un lutto si sa, specialmente se uno dei due non si rassegna alla perdita e si impegna a rovinare la vita dell’altro. Rimini e Sofìa si separano in modo fin troppo civile dopo dodici anni di matrimonio. Lui, definito dal regista il “classico uomo che ama le donne” si innamora di altre donne pensando al futuro mentre la ex non fa altro che tormentarlo coi ricordi del loro passato. Il regista ha erroneamente definito il film ”un atto di amore nei confronti delle donne”, nulla di più sbagliato. Le donne de “Il passato” sono: fragili, vulnerabili, gelose isteriche, volgari sgualdrine. Sembra piuttosto l’universo femminile descritto da un misogino. Più che della fine di una storia d’amore, il film tratta l’ossessione morbosa di una donna nei confronti di un oggetto che ha perso. Dialoghi sopra le righe, situazioni  
 
esasperate a tratti ridicole con sfumature grottesche. Abbondanza di scene erotiche superflue. Tratto da un capolavoro della letteratura argentina di Alan Pauls di 570 pagine. La sequenza finale è inquietante, Sofìa è a capo di una cellula dedita al terrorismo emotivo chiamata” Adele H. Donne che amano troppo”. Dopo avergli sottratto ogni possibilità di riscatto sentimentale, Sofìa mostra Rimini alle donne  
dell’Istituto come un trofeo, nello stesso modo in cui farebbe qualcuno che è tornato dall’Africa portando la testa di un animale imbalsamata e mettendola sulla parete. La folle Sofìa, soddisfatta per essersi ripresa ciò che crede le appartenga, giustifica ogni sua spropositata azione con l’”amore” che la lega a Rimini, sostenendo che anche la separazione fa parte di una relazione. Amore?! In questo film , il sentimento che tiene in piedi il mondo, è descritto come qualcosa di malato, fastidioso e psicotico. Solo la storia tra Carmen e Rimini ha il candore e l’innocenza necessari. Nonostante ciò, Babenco è certo di aver diretto un’ottima pellicola sull’amore e l’importanza del passato. Un momento! Possibile che il nostro passato sia un blocco che ci impedisce di andare avanti? Un vortice che ci risucchia e ci fa vivere nei fantasmi della memoria? A film finito si ha la sensazione di aver vissuto un terribile incubo e si è felici di essere di nuovo svegli. Pare che il talentuoso Gael Garcia Bernal, abbia accettato la parte da protagonista perché all’età di quattordici anni aveva visto al cinema”Ironweed”, film del regista, peccato quel giorno non sia uscito a giocare con gli amici….
(recensione di Moira Chiani )

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