IL DIVO
 
locandina il divo

recensione: il divo

 
Accolto con entusiasmo a Cannes e insignito del Gran premio della giuria, approda sui nostri schermi “Il divo”, quarta fatica di Paolo Sorrentino, regista affermatosi grazie al grande successo ottenuto con l’interessantissimo “Le conseguenze dell’amore”. E così dopo un film controverso come “L’amico di famiglia”, il regista napoletano ha voluto puntare in alto scomodando una delle figure politiche più influenti degli ultimi quarant’anni, un uomo tanto attivo sul fronte pubblico quanto imperturbabile nella sua vita privata. In particolare la vicenda si apre in seguito alla costituzione del settimo governo del senatore a vita e ripercorre gli anni più bui della sua carriera, quelli delle accuse di associazione mafiosa e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Ciò nonostante risulta molto forte l’eco del delitto Moro, forse l’unico tarlo in grado  
 
di erodere la coscienza dello statista. Un argomento, dunque, piuttosto difficoltoso e che presenta una serie di problematiche che potrebbero far scivolare anche il più preparato dei registi. Nel fronteggiare questi ostacoli, Sorrentino opta per una resa degli avvenimenti piuttosto imparziale, cercando di presentarci i fatti come avvennero, senza schierarsi né dall’una né dall’altra parte. Oltretutto, pur nella   recensione il divo
drammaticità della situazione, non lesina momenti umoristici veicolati dalla particolare vena comica di Andreotti che viene caratterizzato nella sua qualità più significativa: quella di avere sempre la battuta pronta. Come si può chiaramente evincere dal titolo, il film è centrato totalmente sulla sua figura, resa in maniera impeccabile da un sempre più sorprendente Toni Servillo, che non si limita a fornirci una sorta di parodia del politico ma ne fa emergere l’essenza e soprattutto l’ interiorità. Lo svolgimento è poi un affastellarsi di frasi memorabili, di concetti che esplicano chiaramente la natura della politica e la difficoltà nel rapportarsi al potere senza commettere empietà. Il tutto presentatoci con una punta di grottesco, che solo raramente diventa estetizzante, e che coinvolge e non stona in rapporto alla particolarità del personaggio. Sono poi da evidenziare anche le interpretazioni del cast di contorno, nel quale si segnalano soprattutto le due figure femminili, rappresentate dignitosamente da due ottime attrici come Anna Bonaiuto (la moglie Livia) e Piera Degli Esposti (la segretaria). Insomma, un film che giustifica pienamente l’entusiasmo suscitato presso i cinefili d’oltralpe e che rilancia, insieme a “Gomorra” di Garrone, il cinema italiano (quello d’autore!).

(di Sergio Grega )


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