IL DESTINO DI UN GUERRIERO - ALATRISTE
 

recensione alatriste

 
"Non era né il più virtuoso degli uomini, né il più devoto, ma il suo tratto caratteristico era il coraggio. E il suo nome era Diego Alatriste”. Questo l'inizio del film e la descrizione di un personaggio che in Spagna è già un classico. Il Destino di un Guerriero narra le gesta di un soldato mercenario, onesto e forte, protagonista di una serie di romanzi scritti da Arturo Pérez-Reverte. Alatriste è stato un campione d'incassi della stagione cinematografica iberica, ha ottenuto 15 candidature ai premi Goya (gli oscar spagnoli) vincendo ben 3 statuette. Una produzione faraonica e un cast stellare, tra cui il divo Viggo Mortesen, che recita in un perfetto spagnolo grazie alle sue origini argentine, e l'italiano Enrico Lo Verso. Un successo annunciato? Forsa si, ma probabilmente solo sul mercato casalingo, perchè Il Destino di un guer-  
 
riero non può certo considerarsi un film riuscito. Lungo, prolisso, dialoghi al limite del ridicolo e personaggi mal delineati. Ben 4 libri di Pérez-Reverte e 25 anni di storia spagnola condensati in due ore e diciassette minuti. Ambizioso? Decisamente, ma anche una possibile operazione commerciale astuta. L'impressione è quella di aver assistito ad una fiction da prima serata in due puntate a cui sono state tagliate delle sce-  
ne per poter puntare anche ad una distribuzione cinematografica, così da lanciare al meglio la trasmissione televisiva. Un'impressione sostenuta anche dalla presenza di Telecinco tra i produttori. Il Destino di un Guerriero punta a sbalordire lo spettatore attraverso una ricostruzione accurata della Spagna del 1600. I costumi sono belli e il continuo rimando ai quadri di Velazquez e ai versi di Quevedo e Gòngora dimostrano la volontà di dare una versione lirica e ispirata del periodo imperiale, nonchè le motivazioni storiche del suo decadimento. L'intenzione è decisamente ammirevole, ma il risultato è deludente. La storia, è troppo frammentata e la regia indugia spesso nella costruzione di una messa in scena pittorica dimenticando di dare vita alle figure. I personaggi di contorno non sono presentati adeguatamente e spesso ci si perde nel cercare di seguire intricati intrighi di corte, orditi da nomi e volti a cui ancora non si è dato un posto nella memoria a breve termine. Spesso le storie non vengono chiuse e si resta in sospeso nell'attesa di scoprire il bandolo della matassa, fino a quando il sovratitolo "5 anni dopo" fa perdere ogni speranza di dare un senso ad alcune situazioni. Il finale sembra non arrivare mai e il bel capitano coraggioso viene ferito così tante volte da farci immaginare che i medici di allora potessero disporre di penicellina e sale chirurgiche sterili. Unica nota positiva è la presenza di Viggo Mortensen che ha la faccia giusta e dona spessore drammatico al suo Diego Alatriste, riuscendo a caratterizzarlo di una fiera tristezza seducente e assolutamente in linea con le pagine di Perez-Reverte. Dispiace dover sottolineare la pessima prova di Enrico Lo Verso che indossa svogliatamente il mantello del cattivo Malatesta.


(recensione di Sara Sagrati )


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