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IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON |
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Uno scherzo del destino (o meglio del tempo) rende la vita di Benjamin Button una di quelle esistenze di chi, nato diverso, è costretto a lottare ogni giorno per ottenere ciò che le persone 'normali' danno per scontato. Benjamin è nato vecchio: il suo viso di bimbo in fasce è solcato dalle rughe di un ultraottantenne e, man mano che cresce di statura, il suo corpo ringiovanisce. È la vita al contrario di un uomo dalla fisiologia capovolta come una maledizione perenne, che lui accetta con il fatalismo indissolubile di un sempliciotto di New Orleans. Cresciuto in un ospizio gestito da afroamericani dopo esser stato abbandonato dal padre, Benjamin passa l'infanzia in sedia a rotelle senza poter sbucciarsi le ginocchia e fare scherzi, ma circondato da un forte affetto che lo tempra e gli dà sicurezza. Finché decide di |
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andarsene in giro per il mondo, di affrontare il destino come diverso tra i diversi. Punto di riferimento per lui sarà sempre e comunque la sua amata Daisy, ballerina classica da cui è legato da un sentimento puro e inestinguibile. È proprio lei, moribonda in un letto di ospedale, che ci racconta tutta la storia del curioso caso di Benjamin Button, attraverso un diario
che chiede alla figlia di leggere a voce alta. Fu lui |
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stesso a consegnarle quel diario, come pegno d'amore e testimonianza di una vita straordinaria. Daisy è Cate Blanchett, bella come non mai, che in questo film ci regala un'interpretazione magistrale, con la quale si staglia sempre di più nell'Olimpo delle più grandi attrici di ogni tempo. Bravi senza riserve anche gli altri attori, dalla mama Taraji P. Henson a Tilda Swinton (nel ruolo della moglie di una spia inglese a Mosca durante la Seconda Guerra Mondiale) al protagonista Brad Pitt, che tiene sotto controllo il personaggio senza strafare e senza sovraesprimere, creando una tensione sottocutanea davvero toccante. Da un punto di vista tecnico è la perfezione del make-up ciò che più impressiona, che con l'aiuto degli effetti speciali contribuisce a donare a "The curious case of Benjamin Button" quei connotati di magia cinematografica che pochi film hanno. Impeccabile anche la sceneggiatura, che si distacca con autonomia - ma senza mancanza di rispetto - dalla novella di Francis Scott Fitzgerald da cui è tratta, reincarnandosi nel contemporaneo senza sbavature. Quest'ultima fatica di David Fincher (di cui si erano apprezzati titoli come "Seven", "Fight Club" e il recente "Zodiac"), nonostante la durata eccessiva di quasi tre ore, ha un senso del racconto e una facilità di immedesimazione non comuni, costellato com'è da voci narranti sovrapposte, che si susseguono e si accavallano come in un gioco di scatole cinesi. Se solo gli autori avessero avuto il coraggio di toccare veramente la sporcizia dell'esistenza e di dare un taglio realmente personale all'opera, magari non avremmo avvertito l'abuso di clichè, di frasi ad effetto e di luci soffuse ingiallite che tanto infastidiscono. Peccato, perché temi come la maledizione del tempo che passa, la circolarità della nascita e della morte come destino dell'umanità e l'amore tragico di chi procede in due sensi opposti di marcia sono temi perfetti per un film indimenticabile: soprattutto per un regista che ha saputo, qua e là, dimostrare ottima libertà espressiva (vedasi il racconto dell'incidente di Daisy). È il coraggio di osare che manca a questo tipo di film, la voglia di rischiare di fare uno scivolone nel tentativo di rompere uno schema, di infrangere il muro del politicamente corretto per fare in modo che non ci perseguiti più la maledizione di un modo di fare cinema volutamente nato vecchio.
(di Marco Santello )
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