IL CONCERTO
 
 

di Lorenzo Antico (***)

 

di Rosalinda Gaudiano (***1/2)

All'epoca di Breznev, Andreï Filipov è il più grande direttore d'orchestra dell'Unione Sovietica e dirige la celebre Orchestra del Bolshoi. Ma viene licenziato all'apice della gloria quando si rifiuta di separarsi dai suoi musicisti ebrei, tra cui il suo migliore amico Sacha. Trent'anni dopo lavora ancora al Bolchoi, ma...come uomo delle pulizie. Una sera Andreï si trattiene fino a tardi per tirare a lustro l'ufficio del direttore e trova casualmente un fax indirizzato alla direzione del Bolshoi: è del Théâtre du Châtelet che invita l'orchestra ufficiale a suonare a Parigi... All'improvviso, Andreï ha un'idea folle: riunire i suoi vecchi amici musicisti, che come lui vivono facendo umili lavori, e portarli a Parigi, spacciandoli per l'orchestra del Bolshoi. E' l'occasione tanto attesa da tutti di potersi finalmente prendere una rivalsa... Giocando con la sua solita ironia   Dopo l'acclamato trionfo al Festival del Cinema di Roma, "Il Concerto" , si sta aggiudicando altrettanta condivisione anche da parte del pubblico che sta letteralmente prendendo d'assalto le sale cinematografiche dove viene proiettato il film. Radu Mihaileanu, regista di questo film che tocca le corde più intime dell'emozione, ritorna ad entusiasmare (come fu per "Train de Vie"), per il suo stile intriso di fresca modernità, un linguaggio e modelli narrativi consolidati. Si tratta ancora una volta di uno sguardo da cineasta autentico, svecchiato, pregnante di potenza e ricchezza di un'osservazione che restituisce con briosa eleganza la sfera emotiva vitale, individuale e collettiva. Andrei Filipov (Alexei Gukov) è un direttore d'orchestra, uno dei più grandi che abbia avuto l'Unione Sovietica. Ma non può più dirigere
 
 
 
Mihaileanu, porta in sala la stramba, originalissima e deliziosa storia di Andrei Filipov, il più grande direttore d'orchestra dell'Unione Sovietica, licenziato in tronco ed umiliato per essersi rifiutato di cacciare alcuni musicisti ebrei, nel pieno del regime comunista. Un vero gioiello. Regia sublime (difficilissima la lunghissima scena finale del concerto), attori magnifici (su tutti la Tarantiniana e bravissima Mélanie Laurent e l'impeccabile Aleksei Guskov) sceneggiatura spumeggiante, con dialoghi infarciti di ironia, tanto surreale quanto geniale nel voler prendere in giro gli ex comunisti duri e puri, e con una riuscita metafora sul "concerto", inteso come caposaldo di tutti i veri ideali del comunismo che fu, con il classico di Cajkovskij. Con Le Concert si ride, anche di gusto, ci si commuove, ci si emoziona, ci si diverte. Con Le Concert si assiste al vero cinema d'autore, quello che merita di esser visto, applaudito e divulgato. Da candidatura all'Oscar straniero? Probabile.. Film imperdibile.






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  niente e nessuno, perché durante il regime comunista si rifiutò di cacciare i musicisti ebrei dalla sua orchestra. Ora il grande maestro Filipov, dopo trent'anni si ritrova a lavorare nel mitico teatro Bolshoi, ma come uomo delle pulizie. Si dice che bisogna cogliere ogni opportunità al volo, senza pensarci e con una buona dose d'incoscienza. E così fa Andrei. Grazie ad un fax, indirizzato al direttore del Bolshoi e finito per caso nelle sue mani, cambia la rotta malevola del suo destino. Il fax proveniente da Parigi, contiene un invito per l'orchestra del Bolshoi ad esibirsi al Theatre du Chatelet, entro le tre settimane successive. Il desiderio di Andrei si coniuga con un bisogno soffocato di riscatto ed auto-riaffermazione del proprio e solo autentico ruolo che gli appartiene, dirigere l'orchestra, la sua orchestra, e rappresentare il concerto per violino ed orchestra di Cajkovskij, interrotto bruscamente dalle forze del regime comunista, trent'anni prima al Bolshoi. Un sogno, un' impresa folle, un miraggio? Sicuramente, visto che il rapporto di Andrei con il Bolshoi non è legato ad un ruolo di musicista. Ma questo non sarà un problema, perchè Andrei decide di essere un impostore e accettare l'invito del direttore dello Chatelet. Così si dà da fare per ricomporre la sua orchestra, in una ricerca affannosa di tutti i suoi vecchi amici musicisti, come lui caduti nel dimenticatoio. Con loro si presenterà a Parigi, come la grande orchestra del mitico Bolshoi di Mosca, per esibirsi nel concerto di Cajkovskij, con una violinista d'eccezione, Anna -Marie Jacquet (Mélanie Laurent). Radu Mihaileanu mette in scena la forza dell'emozione, dei sentimenti, del bisogno di un'identità definita, che dia certezza e stabilità emotiva ad ogni essere umano. La musica è l'elemento catalizzatore di questo gruppo di musicisti, ebrei, gitani e russi, finiti come in una diaspora nel loro stesso paese, nella loro stessa città, dopo la caduta del regime. Caduta che ha generato una nazione allo sbaraglio, senza la guida autentica di un potere statuale, vittima delle più temibili bande mafiose. Dramma e ilarità, bisogno di certezze individuali e collettive, costituiscono gli ingredienti della poetica e dello stile che contraddistinguono "Il Concerto", come opera in cui Mihaileanu rivendica una propria ed indiscutibile libertà creativa. All'insegna della musica, sulle note di uno dei più famosi concerti, Mihaileanu dipana alcuni dei più grandi temi che affliggono la post-modernità: le minoranze oppresse, la povertà, la perdità d'identità individuale e collettiva, l'emarginazione sociale e politica. La metafora della musica, il suo linguaggio universale, la sua forza emozionante e sublime, rappresenterà la magia di un tutto unito ed omogeneo, un'umanità senza differenze etniche ed ideologiche, un linguaggio condiviso per un fine comune e gratificante: il Concerto! Non c'è nulla di troppo o troppo poco in questo film. Tutto scorre. Si sorride e si ride tanto. Ma si riflette pure, in un crescendo non indifferente di emozioni vere. Imperdonabile perderne la visione.




 
 
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