IL CAVALIERE OSCURO
 
locandina il cavaliere oscuro

recensione il cavaliere oscuro

 
C’erano un’infinità di motivi per attendere "Il cavaliere oscuro". La riuscita del primo episodio, l’atmosfera cupa che avvolgeva il film, la morte imprevista di Heath Ledger, il suo Joker così folle e così diverso dal joker di Nicholson, il fascino tanto innegabile quanto perverso di un super eroe che non ha eguali nel panorama fumettistico, dal manicheismo tra il bene e il male così schematico ma nello stesso tempo così ambiguo, metà eroe metà mostro, super eroe senza super poteri che protegge e terrorizza. Nolan prosegue da dove aveva lasciato costruendo un’opera potente e imponente ma confusa e dispersiva, sia da un punto di vista tecnico che di contenuti. Solido come forse nessun altro regista in circolazione, maniacale nella ricostruzione ambientale e nella cura del dettaglio, Nolan tesse una tela  
 
fitta di trame e sottotrame, dalle continue fermate e ripartenze cercando in ognuna profondità di temi e spettacolarità visionaria, lungo una sceneggiatura densissima che, insensibile alla terza regola aristotelica, procede spedita accumulando materiale ad ogni snodo narrativo. Che però sembra sfuggire di mano, ingovernabile per quantità e densità. Si assiste ad un inanellarsi spasmodico di situazioni   recensione il cavaliere oscuro
complicatissime architettate dal joker, attuate in modi del tutto incomprensibili e inspiegati a fronte delle quali però le soluzioni ipertecnologiche via via trovate appaiono semplicistiche per quanto repentine. Sembra di assistere ad una corsa a perdifiato senza meta dove batman insegue, arranca, mette delle toppe, spalleggiato dalla polizia nelle persone del commissario Gordon e del procuratore Harvey Dent, contro un avversario la cui temibilità francamente si fatica, a capire dove risieda. Batman può tutto o quasi poi però ha difficoltà a sconfiggere due pitt bull. Dell’interpretazione di Heath Ledger si è molto parlato e va bene, è follia, masochismo e anarchia allo stato puro ma di lui nulla ci viene detto. L’ingresso e l’uscita di Due facce, uno dei nemici storici del pipistrello, risulta pleonastico, buono solo per appesantire una struttura già pesante che tutto richiedeva eccetto di altra carne al fuoco. All’inizio c’è spazio anche per una fugace apparizione dello spaventapasseri del tutto accessoria. E poi giochi e doppi giochi, morti apparenti, nuovi eroi o presunti tali che si avvicendano sullo schermo e una confusione di tematiche che si traducono in confusione visiva, soprattutto nelle scene d’azione, frammentarie e buie, d’incerta decifrabilità. Alle quali si affianca nel finale una buona dose di retorica inattesa allorché insospettabile. Perché gli agenti se la prendono con batman se non mostra il suo volto e non con il joker che ammazza la gente? Cosa vuole il joker alla fine? Dimostrare che tutte le persone sono crudeli? E la mancata strage finale, con il buon cittadino che al pari del cattivo galeotto rifiuta di premere il detonatore pur rischiando di morire, vuole dimostrare come un teorema alla lavagna il contrario? Allora Joker fallisce? O trionfa visto il voltafaccia di Harvey Dent al quale bastano un paio di parole sussurrate all’orecchio per perdere il senno della ragione? E ancora cosa vuole significare il sacrificio di Batman, le cui paturnie sembrano più imposte che motivate dal copione, in nome di un senso della giustizia più nobile? “O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare cattivo”, perché? Purtroppo il paragone col batman burtoniano è trito e ritrito ma lì bisogna tornare. Perché è quello il batman che trova la sua dimensione ideale. Il cavaliere oscuro di Nolan invece, a forza di giustificare e interiorizzare, di umanizzare e interpretare finisce col togliere al personaggio quell’alone mitico che gli è proprio e non può essere altrimenti, appartenendo a quel regno della fantasia che si accetta a patto che non tutto venga spiegato perche sennò paradossalmente non sta in piedi. Un uomo che si veste da pipistrello è verosimile solo se si accetta che un criminale possa uscire vivo seppur sfigurato da una vasca piena d’acido senza ulteriori spiegazioni. Un batman umano troppo umano, che discute con la polizia di strategie d’arresto (a proposito: ma che voce ha batman?), che conduce interrogatori, che mostra i lividi, che ogni arma che usa è giustificata da un ultimo ritrovato della tecnica, finisce per essere deleterio al personaggio stesso, vietandone la dimensione mitica che ci fa esultare, sognare e gonfiare i cuori. Batman è un miliardario, ha un super computer, la bat caverna, la bat mobile e il bat aereo. Questo basta. Dove li ha presi, come li ha costruiti, dove li tiene, dove va a fare benzina non ci interessa. Quello che ci interessa è la magia, dove l’impossibile diventa possibile senza alcun perchè.



(di Mirko Nottoli )


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