IL CASO THOMAS CRAWFORD
 

recensione il caso thomas crawford

 
Un ricco industriale (Hopkins, un Dr. Lecter più gigione, con tanti occhiolini: bravo ma senza sforzi) uccide sua moglie, che lo tradisce. Quando arriva la polizia ha ancora la pistola in mano e rilascia una piena confessione dell’omicidio. Un giovane procuratore (Gosling, faccia tosta e arrogante adatta al ruolo: bravo, anche nel confronto con il blasonato rivale), incaricato del caso, crede che il caso sia già risolto, ma andando a fondo alla vicenda, scoprirà che le prove a suo favore sono solo apparenti. Guardando attentamente e da vicino ogni cosa presenta un lato debole, un punto di rottura, in grado di far crollare l’intero edificio. Hoblit gioca tutto su questo concetto, mettendo in scena un thriller ben congeniato, che stimola le capacità logiche e le curiosità intuitive di chi guarda e si regge tutto su una sceneggiatura sottilissima, che  
 
mostra di tanto in tanto qualche crepa, ma riesce ad arrivare sino alla fine senza fratture (“Fracture” è il titolo originale del film). Divertente il gioco degli attori, in cui Gosling tiene testa al carismatico Hopkins, che si ricicla un po’. Poco approfondite, ed è un peccato, le riflessioni sulle sicurezze personali e sull’eccessiva confidenza nei propri mezzi che, da punti di forza, divengono talloni d’Achille.  


(recensione di Dario Bevilacqua )


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