I TESTIMONI
 

recensione i testimoni

 
Per chi è stato testimone. Ma anche (e forse soprattutto) per chi non c’era, per chi gli anni ottanta sono già tempo da libro di storia. Téchiné parte dai documenti, con rigore ricostruisce gli anni del contagio, il periodo in cui per la prima volta si è cominciato a parlare di AIDS. Ma lo fa senza cadere nella cronaca documentaristica, lo fa partendo dai cuori dei personaggi. Che ruotano tutti intorno alla figura vitale fino alla malinconia di Manu, un ragazzo semplice e condannato. L’AIDS lo farà a pezzi, fagocitando il suo sguardo dolce e insieme i suoi giorni felici: l’amore con il poliziotto (e padre di famiglia) Mehdi, la Costa Azzurra, una piccola stanza d’Hotel divisa con la sorella. Ma Téchiné evita ogni sbrodolamento da “sequenza del malato terminale” (cosa che facevano invece film ricattatori come Mare dentro o Il tempo che resta),  
 
ogni sensazionalismo patetico, ogni insistenza nel commovente. La tragicità del destino di Manu è secca nelle immagini, pura nei gesti. La m.d.p. si fa leggera, con delicatezza segue il dolore, lo documenta, ma sempre in punta di piedi. Per raccontare il precipitare nella malattia, Téchiné ricorre ad immagini forti, ma evocative, mai vouyeuristicamente dirette: come la sequenza in cui Manu (che sta perdendo ormai ogni gusto  
per la vita) stritola nella mano lo spezzatino “alla provenzale” che un tempo amava cucinare. Così sono quasi più commoventi le sequenze dei “giorni felici” (che danno il titolo alla prima parte del film), proprio per quella sensazione di caducità e momentaneo che portano con sé. La stessa scelta del finale appare coerente con questa volontà di evitare il facile e spensierato sprofondare nel melodramma. Il film non si chiude, infatti, come di solito avviene in questi casi, con la morte del protagonista, vinto dal suo male, ma con i protagonisti di nuovo nei luoghi dei “giorni felici” di Manu. “La morte non è una fine” (Fritz Lang), ma tutto lentamente si piega in un cerchio, la vita ritorna, il ricordo ci responsabilizza e ci chiama a testimoni.

(recensione di Mattia Mariotti )

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