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i figli degli
uomini recensione
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Premio Osella per
la fotografia alla
Sessantatreesima Mostra
d’Arte Cinematografica
di Venezia per questo
nuovo titolo di Alfonso
Cuarón, “I
figli degli uomini”.
Dopo il road movie
“Y tu mama también”
e il fantasy “Harry
Potter e il prigioniero
di Azkaban”,
il cineasta d’origine
messicana approda
felicemente al fantapolitico,
con un film che ha
però come modello
principale “La
Battaglia di Algeri”
del maestro, recentemente
scomparso, Gillo Pontecorvo.
Se, però, nel
capolavoro del 1966
la fotografia in bianco
e nero di Marcello
Gatti e la sceneggiatura
dell’incommensurabile
Franco Solinas delineavano
un film dal sapore
documentaristico,
qui l’atmosfera
si fa apocalittica,
ma straordinariamente
venata da un sottile
umorismo. Siamo nella
Londra del 2027. L’ex
attivista Theo (Clive
Owen) apprende che
un |
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ragazzo
diciottenne
è
appena
stato
assassinato
dopo
essersi
rifiutato
di firmare
un autografo.
Quel
ragazzo
era
la persona
più
giovane
del
mondo.
Sì,
perché
da diciotto
anni
l’umanità
è
diventata
totalmente
sterile
e si
avvia
ad un’inesorabile
estinzione.
Come
se non
bastasse,
il mondo
è
in preda
ad un’ondata
xenofoba
senza
precedenti
e ad
un terrorismo
dilagante
che
riducono
le città
in ginocchio,
mentre
i po- |
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tenti se ne
stanno in
luoghi sicuri
in attesa
della fine.
Ma, dopo la
tragica morte
dell’ex
moglie (Julianne
Moore), una
speranza si
accende dal
nulla: una
donna di colore
è restata
incinta e,
per il bene
dell’umanità,
bisogna salvarla
dalla furia
degli estremisti.
Lungo la strada
di questa
titanica missione,
s’imbatteranno
in bizzarri
personaggi.
Da un poliziotto
corrotto,
interpretato
dal regista
Peter Mullan
(Leone d’Oro
qualche anno
fa’
con “Magdalene”),
al vecchio
figlio dei
fiori Jasper
(Michael Caine),
che si sollazza
ascoltando
la cover di
“Ruby
Tuesday”
di Battiato
e fumando
cannabis alla
fragola. Lo
scopo è
arrivare ad
una nave della
salvezza,
dall’emblematico
nome Domani,
perché
non c’è
futuro senza
infanzia.
“I figli
degli uomini”
è un
film incalzante
e intelligente,
dotato di
una colonna
sonora ispirata
e di una regia
che alterna
pianisequenza
a montaggio
veloce: uno
sfoggio di
tecnica non
da tutti.
Forse alla
sceneggiatura
mancano sia
l’ardire
sia l’equilibrio
per volare
in excelsis,
ma la pellicola
di Cuarón
ha i connotati
di un lavoro
fatto con
cura e passione,
che sa come
coinvolgere
e che mette
in primo piano
– come
pochi film
erano riusciti
a fare finora
– il
valore dell’infanzia.
Suggeriamo
allo spettatore
di fare attenzione
all’uso
di metafore
e simbolismi,
che in questo
genere di
film sono
ingredienti
quasi indispensabili.
N.B. La
traduzione
italiana
"I
figli degli
uomini"
del titolo
inglese
“Children
of men”
è
solo apparentemente
fedele.
In realtà
si perde
la centralità
della parola
children;
non figli,
semplicemente
bambini.
Nel caso
di titoli
così
semplici,
si potrebbe
anche pensare
di rinunciare
alla traslitterazione.
(di Marco
Santello
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figli degli
uomini "! |
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