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I
DEMONI DI SAN PIETROBURGO |
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Un gradito ritorno
dietro la cinepresa
quello di Giuliano
Montaldo che torna
a dirigere dopo diciotto
anni di assenza durante
i quali “ho
scoperto il Teatro
Lirico – ci
dice il regista in
conferenza stampa
– e mi sono
messo al servizio
di Puccini, di Verdi,
di Mozart”.
Regista che ha fatto
dell’impegno
civile la cifra della
sua arte, autore di
film come "Sacco
e Vanzetti",
"Giordano Bruno",
"L’Agnese
va a morire",
"Il giocattolo"
(solo per citarne
alcuni), Montaldo
ci propone ora il
suo “I demoni
di San Pietroburgo”.
Siamo nella Russia
del 1860, quando un
attentato dinamitardo
provoca la morte di
un membro della famiglia
imperiale. Fjodor
Mikhajlovic Dostojevskij
(interpretato dal’ottimo
Miki Manojlovic),
a quell’epoca
scrittore già
famoso, incontra in
un’ospedale
psichiatrico Gusiev
(Filippo Timi, a suo
agio nella parte di
un rivoluzionario
pentito), |
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grande
ammiratore
dei
suoi
romanzi,
il quale
gli
confessa
di aver
fatto
parte
del
gruppo
terroristico
che
ha compiuto
l’attentato
e che
i suoi
compagni
intendono
eliminare
un altro
parente
dello
Zar.
Gli
rivela
anche
che
il capo
dell’organizzazione
è
Aleksandra
(Anita
Caprioli,
efficace),
una
giovane
donna
che
lo scrittore
dovrebbe
incontrare
per
convincerla
a desistere
dall’impresa.
Dostojevskij,
che
in gioventù
aveva
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professato
idee rivoluzionarie
per le quali
era stato
condannato
a morte, pena
poi commutata
in dieci anni
di Siberia,
è fortemente
turbato da
questo incontro.
La sua vita
è già
piena di difficoltà:
ridotto quasi
in miseria
dalla passione
per il gioco,
pressato dai
creditori,
afflitto da
frequenti
attacchi di
epilessia,
deve affrettarsi
a consegnare
all’editore
il suo romanzo,
“Il
giocatore”,
che di giorno
cerca di portare
a termine
con l’aiuto
di Anna (Carolina
Crescentini,
che non è
più
soltanto una
promessa),
una giovane
stenografa
che diventerà
sua moglie.
Di notte si
mette alla
ricerca dei
terroristi,
incappando
così
nell’ispettore
Pavlovic (Roberto
Herlitzka).
Girato con
i toni del
dramma classico,
in otto settimane
fra Torino
e San Pietroburgo,
denso di riflessioni
sulla violenza,
i cattivi
maestri, l’amore,
la malattia
e la febbre
del gioco:
“Io
soffro per
l’intolleranza
altrui –
afferma Montaldo
– e
qui racconto
la mia intolleranza
per le bombe
e la violenza”,
il film ha
in realtà
avuto una
lunga gestazione,
a partire
dagli anni
80 quando
il regista
lesse un soggetto
di Paolo Serbandini
tratto da
un’idea
di Andrei
Konchalovsky.
I demoni del
titolo sono
quelli che
tormentano
l’animo
Dostojevskij
che teme di
essere stato
cattivo maestro
per quei giovani
attentatori
e cerca così
di convincerli
a desistere,
lui che dopo
gli anni passati
in Siberia
ha conosciuto
la vera disperazione
e il degrado
dei diseredati
del popolo,
esperienza
che lo ha
convinto che
il mondo si
possa cambiare
con le idee
piuttosto
che con le
bombe. La
pregevole
fotografia
di Arnaldo
Catinari dà
alla pellicola
il giusto
tono per descrivere
il tormento
di un’epoca
e dell’animo
del grande
scrittore
russo. Il
romanzo più
riuscito di
Dostojevskij
– sostiene
Montaldo –
è quello
che ha scritto
sulla sua
pelle: la
sua vita”.
Realizzato
con il sostegno
dl Ministero
dei Beni e
le Attività
Culturali,
prodotto da
Jean Vigo
Italia e da
Rai Cinema,
“I demoni
di San Pietroburgo”
è distribuito
da 01 Distribution
in cento copie
e sarà
nelle sale
da venerdì.
(recensione
di Claudio
Montatori
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pietroburgo"! |
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