HOSTEL: PART II
 

recensione hostel: part II

 
Tre allegre studentesse yankee (la mora affilata, la bionda boccoluta e la bruttina non ancora stagionata) viaggiano e studiano in Europa in cerca di stimoli e avventure. Da Roma (Totti!) a uno sperduto (romanticissimo!) villaggio in Slovacchia sino a capitombolare nelle celle “torture-for-fun” dell’organizzazione segreta dei malvagi stile Fight Club (ma con un cerca-persone davvero molto discreto). Imperdibilmente sciocco, esattamente come uscirsene a dire che i giapponesi fotografano qualunque cosa, lo spernacchiamento alle italiche abitudini da parte del compagnone di Tarantino, Eli Roth, il nostro nuovo disamichevole regista horror di quartiere. Dell’ora e mezza a disposizione, circa quaranta minuti confluiscono nel prologo, a menar la falce nell’aia prima di calarla sulla disgraziata di turno, citando la Contessa  
 
Bathory. Che novità. Hostel II, inizia esattamente dove lo lasciammo circa un anno fa: Paxton (Jay Hernandez) rimasto vivo dopo il massacro, fugge dal luogo degli orrori in cerca di ricovero. Indovinate cosa accade appena mette la testa fuori dall’uscio. Sul fronte dei cattivoni che vincono l’asta, recuperiamo gli americani disperati - entrambi gli attori giungono dalla serie “Desperate Housewives” - Roger Bart (il farma-  
cista psicotico) e Richard Burgi (l’ex marito di Susan) che compongono la strana coppia del moderato e l’esaltato. E indovinate un po’ chi è il più crudele? Di nuovo la violenza esplicita è ritrasformata in un’allegoria grottesca che scrolla la paura, lasciando il posto al ghigno dello scettico. Cialtronata che sa di esserlo e ci gioca. Si ride per la noia e si assiste alla parata di celebrità nostrane. Ruggero Deodato (Cannibal Holocaust) che pasteggia a controfiletto umano, Edvige Fenech nel tubino dell’insegnante di disegno (da notare l’emulo del David di Donatello alle spalle della signora) e Luc Merenda, irriconoscibile, in divisa da poliziotto. Fasullo horror da cartolina.

(recensione di Daniela Losini )

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