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Presentato alla Semaine de la Critique dello scorso Festival del cinema di Cannes, "Home" è l'opera prima di Ursula Meier, regista franco - svizzera che ha alle spalle diversi cortometraggi e documentari. Un esordio sicuramente degno di nota imperniato su una vicenda insolita, esplicitata attraverso un sapiente pastiche di generi. Il film parte infatti seguendo gli stilemi della commedia e con una rappresentazione idilliaca di un nucleo famigliare: padre, madre, due sorelle e un bambino. Isolati dal mondo, in un luogo privo di riferimenti e in un contesto sociale non precisato (a parte la radice linguistica francofona), i cinque vivono in una sorta di tugurio situato lungo un'autostrada che non è mai stata inaugurata. Quando quel pezzo di asfalto, diventato un'ideale prosecuzione del giardino di casa, viene rimesso in funzione, i rap- |
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porti familiari cominciano lentamente a sfaldarsi e emergono gradualmente una serie di nevrosi che la regista saggiamente non chiarisce. È questo il segmento drammatico della pellicola, pieno di riferimenti metaforici e in cui è ravvisabile una critica sottotesto alla società contemporanea, che causa inquinamento ambientale e acustico (memorabili in questo senso le disquisizioni scientifiche di Marion, la |
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figlia secchiona). Nella parte conclusiva "Home" si trasforma poi in una specie di horror, con la volontaria segregazione del nucleo familiare (senza Judith, la figlia maggiore) in casa, in un tentativo disperato di alienazione estrema che coincide con un progressivo allontanamento dalla vita (in tutti i sensi). Una chiusura (non completamente pessimista) che ricorda per certi versi film di registi del calibro di Polanski (i primi) e di Haneke e che contiene un mix di realismo e surrealismo che genera momenti di grottesco. Oltre alle tematiche e ai contenuti, vanno ricordate le ottime interpretazioni di un cast ben bilanciato, che può contare su una Isabelle Huppert sempre a suo agio nei ruoli borderline e su un Olivier Gourmet piuttosto credibile nella sua lenta degenerazione. Va anche evidenziata poi la prova di Madeleine Budd, perfetta nella parte della figlia introversa e amante delle scienze. "Home" è, in conclusione, un film riuscito, reso ancora più interessante proprio grazie al non detto e alle scarse informazioni rese allo spettatore. Un'opera certamente non adatta a tutti, ma consigliabile ai cinefili in cerca di originalità. Un primo passo di una regista che, se riuscirà a mantenere questi standard, potrà togliersi in futuro diverse soddisfazioni.
(di Sergio Grega)
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