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Se fuori dalle sale
della mostra viene
proiettato l’ennesimo
rifacimento cinematografico
di una delle icone
della cultura popolare
americana dei fumetti,
Superman, al lido,
invece, si indaga
su uno dei misteri
hollywoodiani più
controversi: la morte
di George Reeves,
il Superman televisivo
degli anni Cinquanta.
Uno scapestrato detective
privato viene incaricato
di fare luce sulla
morte di un attore
hollywoodiano in declino.
La polizia di Los
Angeles ha archiviato
il caso come suicidio,
ma per il detective
c’è qualcosa
che non và.
A mano a mano che
le indagini procedono
verranno a galla scheletri
famosi e un sottobosco
dell’industria
cinematografica da
incubo. Ambientato
nel 1959 il film procede
spesso con lunghi
flask back che mostrano
la vita privata di
Reeves, attore desideroso
di sfondare ma per
il quale le porte
della grande Hollywood, |
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non
sembrano
aprirsi
mai.
Diretto
con
mano
sicura
da Coulter
( che
ha al
suo
attivo
la regia
di alcune
delle
migliori
serie
televisive
americane
come
Xfiles,
Sex
and
The
City)
il film
procede
con
un ritmo
molto
sostenuto
e inoltre
sembra
quasi
di assistere
a due
film
al prezzo
di uno.
Da una
parte
abbiamo
la ricostruzione
di una
Hollywood
della
Golden
Age,
molto
più
gretta
e tetra
del
solito,
in cui
vige
lo strapotere
della
TV |
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dove sono
assenti pupe
mozzafiato
e uomini sfavillanti
e si da, invece,
largo spazio
ad una fiera
di umanità
decadente
e disperata
(tutti i protagonisti
sono colpiti
dal mal di
vivere e nessuno
di loro riesce
a trovare
un ancora
di salvezza),
dall’altra
c’è
la detection,
con tutti
gli annessi
e connessi
del genere,
con tutti
i cliche anche
un po stantii
(la vita privata
del detective
che va a rotoli,
un figlio
che non ha
un buon rapporto
con il padre
ecc ecc).
La sceneggiatura
evita sempre
tutte le trappole
e le varie
cadute che
la struttura
ad incastro
potrebbe provocare,
la musica
sottolinea
classicamente
lo stato di
suspence e
di angoscia
e il montaggio
risulta egregio.
Ma la spinta
maggiore del
film viene
data da un
poker di attori
sorprendentemente
in parte:
Ben Affleck
è bravissimo
nel ruolo
di Reeves
così
come la divina
Diane Lane
in quello
della sua
amante matura,
Adrien Brody
è perfettamente
in parte e
anche Robin
Tooney e Bob
Hoskins. Alla
fine il risultato
è quello
di un film
piacevole
e soprattutto
“classico”,
ma non necessario,
in cui si
pone una riflessione,
se vogliamo
profonda,
su Superman
come simbolo
e come personaggio
di un America
del marcio.
Forse è
proprio vero
che questo
personaggio
ha portato
un po di sfortuna
a chi l’ha
interpretato
in passato
e speriamo
solo che questa
tradizione
non colpisca
anche il giovane
Brandon Routh.
(di Gabriele
Marcello
)
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