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HARRY POTTER E IL PRINCIPE MEZZOSANGUE |
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Ammettiamo pure di esserci sbagliati. Confessiamo di esserci ricreduti, che a Harry Potter non davamo un soldo bucato e che le aspettative per questo Principe mezzosangue erano tendenti allo zero. E invece. Finalmente. Ce n'è voluta, siamo dovuti giungere al sesto e penultimo capitolo per vedere qualche nodo venire al pettine e il baluginare di un progetto d'insieme. La più sfiancante saga della storia e letteraria e cinematografica ha imboccato finalmente la strada buona, quella che ha per fine un traguardo e non il peregrinare beota per mille insignificanti rivoli. Fin dalle prime immagini si intuisce che in questo Principe mezzosangue la musica è cambiata, si scompagina il solito schema con le iniziali gag tra maghetti febbricitanti in quel di Hogwarts, poi l'episodica avventurina fantasy con i nostri eroi protagonisti |
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fortuiti impegnati a far trionfar il Bene, e infine, in un modo o in un altro, l'ombra di lord Voldemort paventata a garanzia di successivi seguiti e conseguenti introiti. Fin dalle prime immagini del Principe mezzosangue invece si respira un'atmosfera più matura, di catastrofe imminente sottolineata da silenzi reiterati, sono finiti i tempi degli scherzi, le scelte si fanno più sofferte, più decisive, gli stessi personaggi |
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sembrano più consapevoli dell'importanza delle loro azioni, avvertiamo una tensione narrativa che scaturisce prima di tutto dalle tensioni psicologiche, concernenti le dinamiche interpersonali nel processo di crescita dei protagonisti. Uno su tutti, il cattivo Draco Malfoy, che da semplice bambinetto dispettoso dalla smorfia sprezzante stampante in viso diventa elemento chiave e multisfaccettato, figura combattuta e dilaniata dai dubbi sul suo essere e sul compiersi di un destino forse più grande di lui. Lo stesso Potter non è più quello che sembra sempre passare di lì per caso ma ha finalmente assunto la statura di predestinato con tutto il carico di responsabilità che un tale titolo comporta. Glielo si può leggere nell'espressione del volto. E nell'avvicinamento alla resa finale dei conti ne succedono finalmente di cose. Perdite illustri, sacrifici, roccaforti inviolabili violate, rivelazioni d'intenti chissà fino a che punto rivelatori. Lo stesso dicasi per Lord Voldemort, cominciamo a saperne di più anche su di lui, cominciamo a delinearne i contorni in maniera più stringente ai fini del racconto, non è più solo un'ombra evocata quando non si sapeva che pesci pigliare per tenere raccordate le infinite sottotracce dei vari episodi. Anche gli ex bambini intanto sono cresciuti e non solo da un punto di vista anagrafico (l'unica che cresce bene però è Emma Watson), tra di loro cominciano a sorgere le prime gelosie, le prime incomprensioni, le prime ambiguità, indagate con fare discreto. Resta tutto da verificare se il merito è della Rowling o piuttosto del regista, David Yates, e degli sceneggiatori che hanno trasposto il romanzo. La saga più sfiancante di tutti i tempi comunque non si smentisce: ennesima pellicola fiume di due ore e mezza di prolissa durata in cui avremmo fatto volentieri a meno di rivedere, in evidente crisi di ispirazione creativa, l'urticante gollum resuscitare in versione esercito dei cloni per fare non si sa cosa e il risveglio di Albus Silente nei sovrastimati panni di Gandalf il grigio o il bianco che dir si voglia, tanto è una pippa lo stesso.
(di Mirko Nottoli)
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