HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - I PARTE
 
locandina HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - I PARTE
Locandina "Harry Potter e i doni della morte"

Harry Potter e i doni della morte

 
Come Jigsaw anche la saga di Harry Potter sta giungendo al termine. Mentre però la prima, visti i scarsi risultati al box office l’hanno chiusa in fretta e furia, la seconda rimane ancora una gallina dalle uova assai remunerative per cui hanno procrastinato la fine dividendo l’ultimo capitolo in due. Pertanto eccoci qua. Se avevamo ben parlato di Hp6 intravedendo nel penultimo film la volontà di smettere di scherzare e di tirare le somme, ora ci tocca rimangiarci tutto. Con Hp7 infatti siamo daccapo. Dopo 7 film equivalenti a 10 anni della nostra vita e a più o meno 17 ore e 30 di proiezione ci si aspetta almeno di avere materiale sufficiente per procedere raccogliendo quanto si è seminato, ci si aspetta almeno, arrivato all’ultimo capitolo, di concludere i discorsi lasciati via via in sospeso per coronare la storia con un  
 
degno epilogo. E invece niente. Ci ritroviamo come se nulla o quasi sia successo, con nuovi personaggi, nuovi trucchi, nuove magie, nuove profezie che invece di quagliare, come si dice, allungano un brodo già diluito e reso indigesto dall'insapore. Dopo un esercito di personaggi a proteggerlo, dopo potenti stregoni che si sono sacrificati per lui, dopo l'ordine della fenice istituito giusto per realizzare un inutile film in più,   recensione HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - I PARTE
troviamo il nostro maghetto occhialuto solo nel bosco a brancolare nel buio insieme alla fida Hermione (tenete d'occhio Emma Watson che cresce sempre meglio) senza la minima idea di che pesci pigliare. Il dubbio è sempre quello che magari ci siamo persi qualcosa, che è colpa nostra se non capiamo perché non abbiamo prestato sufficiente attenzione all'intricata vicenda orchestrata dalla Rowling, se non fosse che è proprio uno dei suoi personaggi che ad un certo punto arriva a consolarci. E' lo sfigato Ron che guarda Potter e sbraita: “ ma come!?!? Io credevo che tu avessi un piano, credevo tu sapessi cosa fare, e invece…” . Dillo a noi! Anche noi credevamo (ma il sospetto che così non fosse ci aveva accarezzato) che Harry Potter fino ad ora non avesse giocato solo a quiddich, invece apprendiamo che non ha fatto molto di più (è proprio vero: chissà cosa insegnano a scuola al giorno d'oggi). Nei “Doni della morte” insomma è tornata la sensazione che ci ha accompagnato per tutti i capitoli precedenti: quella di un' assoluta mancanza di un disegno d'insieme, quella di una serie di complicazioni fine a se stesse che non conducono da nessuna parte, un'incapacità di base di dare valore universale e metaforico ad una storia che invece non sa mai andare oltre la lettura referenziale, una limitatezza di scrittura che si esplica in svariati dejà vu (il medaglione che rende malvagi da Il signore degli anelli, la borsa senza fondo di Mary Poppins, persino gli animali protettori della Bussola d'oro), meccanismi drammaturgici disarmanti che spuntano a seconda delle necessità (l'anima di Voldemort divisa in pezzi sparsi per il mondo da recuperare e distruggere), l'assenza di un minimo di aderenza con la realtà tale da consentire l'immedesimazione: il mondo dei maghi e quello dei babbani infatti rimangono costantemente divisi, l'interazione tra le due parti e le implicazioni che questa comporterebbe sono pari allo zero, l'influenza di quei gesti sulla vita di tutti i giorni inesistente, al punto da chiedersi: cui prodest tutto ciò? Sta proprio qui la drammatica insipienza narrativa di J.K. Rowling, il grande bluff dell'intera saga di Harry Potter che lievita, lievita e dentro è vuota. Se non capite quello che vogliamo dire, andatevi a rivedere la Storia Infinita, poi al massimo ne ridiscutiamo.

(recensione di Mirko Nottoli)


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