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recensione happy go lucky
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Chi è felice si può senza dubbio ritenere fortunato e vorrebbe poter condividere gioiosamente questa sua fortuna con gli altri. Sembra questo la tesi di fondo di questa simpatica commedia scritta e diretta da Mike Leigh, e presentata all'ultimo Festival di Berlino. Ma ci potremmo porre anche alcuni interrogativi: qual è, in realtà, questa felicità presunta o raggiunta? E si può cercare di rendere felici anche gli altri, rendendoli partecipi della nostra contentezza?
In effetti la pellicola di Leigh dà adito a diverse interpretazioni, ponendo questioni che possono avere risposte diverse appunto perché certe tematiche sono molto soggettive. La protagonista del
film è una briosa e frizzante Sally Hawkins che interpreta il ruolo di una giovane maestra d'asilo in
un istituto alla periferia di Londra; la vita quotidiana non è certo facile, alle prese |
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con i problemi e le
difficoltà della realtà circostante (non ha la patente e le rubano anche una sgangherata bicicletta!) ma la tenace Poppy (questo il nome della protagonista) non si arrende facilmente e cerca di farsi sempre scudo con un atteggiamento estremamente propositivo e fatto di continue battute e sorrisi. Da un certo punto di visto, la ragazza potrebbe apparire irritante nei suoi pretenziosi
comporta- |
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menti e nei suoi modi di atteggiarsi al reale, soprattutto quando incontra personaggi che non condividono con lei questa sua euforia e quest'allegria straripante; in particolare, l'incontro con un istruttore di guida (necessaria ad un certo momento la patente!) burbero e rancoroso (ed evidentemente non in pace con se stesso) la mette di fronte ad un altro tipo di mentalità che è del tutto opposta alla sua: l'esito, in questo caso, non potrà che essere burrascoso, appunto perché non è sempre facile portare la felicità agli altri, senza rischiare di ferirne involontariamente la sensibilità. Ecco, forse la bravura dell'esperto regista britannico sta proprio in questo: aver mostrato le varie sfaccettature psicologiche di differenti tipi umani, senza aver voluto prendere parte di nessuno in particolare. Ma resta innegabile il fatto che, di fronte all'incontro e quindi allo scontro di così differenti individualità, i risultati appaiono indubbiamente comici agli occhi dello spettatore, regalando momenti di ilarità durante queste quasi due ore di proiezione. Anche se, come detto, restano alla fine spunti per qualche riflessione.
(di Michele Canalini)
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