HANNIBAL LECTER
 

hannibal lecter recensione

 
Il male va giustificato. Perché sennò, forse, fa troppa paura. Come se tutti gli squilibrati in circolazione fanno quello che fanno per una qualche ragione, riconducibile a fantomatici traumi infantili e non semplicemente perché in preda alla follia, nuda e cruda. E come giustificare il più terrificante e dissennato dei mali? Nulla di più semplice: basta ripescare, all’occorrenza, il nazifascismo con tutta la sua sbobba di nefandezze. Chissà, viene da chiedersi, magari il nostro Lecter, sarebbe diventato un buon samaritano o un altro mahatma Gandhi invece dello spietato antropofago che tutti conosciamo, se da piccolo, nella Lituania del 1944, una banda di balordi hitleriani non gli avesse sterminato la famiglia davanti agli occhi e, affamati, non avessero pasteggiato con la sua adorata sorellina a cui tanto voleva bene. Ebbe-  
 
ne sì, convinto a tornare sulle orme della sua creatura più famosa ricostruendone la genesi, Thomas Harris (che non dovrebbe mai smettere di ringraziare il cielo per aver scritto “Il silenzio degli innocenti”) non riesce a far nulla di meglio che imbastire una storia degna del professor Meluzzi all’Isola dei famosi: Hannibal the Cannibal diventa the cannibal perché da bambino gli mangiarono la sorella minore! Alla faccia della  
psicologia spicciola. Crescerà poi in orfanotrofio, fuggirà in Francia, si innamorerà della zia, troverà i suoi vecchi aguzzini facendoli a pezzi uno ad uno. Insomma, ci stanno provando in tutti i modi possibili, De Laurentis in testa, a rovinare uno dei personaggi più affascinanti e inquietanti insieme degli ultimi decenni, tra sequel, prequel, remake, uno peggio dell’altro, tutti che si sforzano di aggiungere e invece non fanno altro che togliere. Perché ci sono cose che non vanno spiegate, semplicemente perché non si possono spiegare, e la seduzione malsana che il maligno esercita sta proprio qui, nelle zone oscure e indecifrabili dell’irrazionalità. Fortunatamente “Il silenzio degli innocenti” rimane un unicum che basta a se stesso, come basta a se stesso il Lecter di Hopkins che rimane lassù, impossibile da scalfire con queste operazioncine commerciali di bassa lega, con le quali ha poco o nulla da spartire. Di ciò che lo rese immortale, l’interpretazione di un grande attore che seppe fondere orrore e bellezza in pochi sguardi dal fascino magnetico, in “Le origini del male” rimane solo una maschera giapponese, un “ti avrò per colazione” e un acerbo vendicatore sanguinario seguace del contrappasso (interpretato da Gaspard Ulliel). Il resto è una messa in scena spettacolare, la riconferma del talento di Peter Webber nella ricostruzione d’ambiente, la bellezza quasi fastidiosa di Gong Li. Uscito in contemporanea sia al cinema che in libreria, di “Hannibal Lecter le origini del male” già si annunciano altri sequel. Sequel del prequel e prequel dei sequel. E vabbè, per il povero Lecter non c’è proprio possibilità di salvezza.

(recensione di Mirko Nottoli )

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