HALLOWEEN II
 
locandina Halloween II

recensione Halloween II

 
Lo pensavamo morto e invece, esattamente un anno dopo, Michael Myers torna nella cittadina di Haddonfield, durante la notte di Halloween, per finire quello che aveva cominciato. Salutato come un mito dopo nemmeno due film, il rocker prestato al cinema Rob Zombie riprende la creatura che fu di John Carpenter laddove l'aveva abbandonata, cercando di ispessire psicologie ridotto all'osso col ricorso alla psicanalisi e al lato onirico testimone di devianze mentali che confondono realtà e finzione. Roba che nell'originale carpenteriano non veniva nemmeno sfiorata. Ma dove Carpenter sottraeva, Rob Zombie aggiunge, aggiunge e ancora aggiunge, fino ad un horror vacui pletorico che esplode nel finale in un tripudio chiassosissimo di visioni, urla straziate ed effetti sonori che mettono a dura prova l'impianto  
 
acustico della sala cinematografica. Ammettiamo pure che al di là di un certo gusto estetico e citazionista - che gioca un ruolo fondamentale anche in questo "Halloween II" - il genio di Rob Zombie rimane per noi qualcosa di estraneo. In fin dei conti il trattamento sul personaggio di Michael Myers non si discosta di molto da quello deludente riservato agli altri famosi serial killer anni '80 - Jason Voorhes e Leatherface (il pros-   recensione Halloween II
simo sarà Freddy Kruger, ahilui) - divenuti nei rispettivi remake contemporanei delle montagne di muscoli intercambiabili, tutti equamente sfigurati in volto e dal passato infelice, un po' tardoni ma in grado di spostarsi alla velocità della luce senza fare il minimo rumore. A loro difesa, a vent'anni di distanza forse lo si può dire che anche gli originali non sono quei capolavori che ci hanno fatto credere, godendo di una idolatria da parte di orde di teen-ager sproporzionata rispetto al loro reale valore (l'unico vero horror è "Non aprite quella porta", anno 1974, che infatti non ha niente a che vedere coi vari sequel). Fan anch'egli, Rob Zombie si impegna con estreme riverenza per rendere Michael il più terrificante possibile, lo dota di una forza sovrumana che si sprigiona quando infierisce sulle sue vittime, non lesina ettolitri di sangue e rumori di ossa rotte, insiste con riprese ravvicinate che occludono la vista, fotografa il tutto con colori sporchi, tende ad un realismo spaventoso in quanto realistico. Inganna il pubblico giocando con le inquadrature e il montaggio. Mitizza Michael attraverso l'immagine che ne fa un Frankenstein solitario e inesorabile e nello stesso tempo lo umanizza regalandogli una storia e una giustificazione. Lo umanizza al punto da farlo agire per largo tempo senza la maschera d'ordinanza i cui buchi neri al posto degli occhi gli donano un'aria quasi triste. Senza la maschera invece Michael Myers assomiglia all'ultimo Mickey Rourke, che in quanto a viso sfigurato (e a devianze mentali) sa il fatto suo. Ma nonostante questo ponderoso armamentario orrorifico "Halloween II" rimane, come tutti i suoi similaria, un horror che non fa paura, disarmante nell'elementarietà del meccanismo che riduce la paura semplicisticamente ai salti sulle poltrone causati dai BUH improvvisi rafforzati da picchi sonori spaccatimpani. Per contro dell'unica domanda alla quale vorremmo risposta e cioè perché diavolo Michael Myers non muore mai, non viene fatta menzione. Gran finale con l'ormai mitico "Halloween theme" scritto da John Carpenter in persona.

(di Mirko Nottoli )


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