GRIZZLY MAN
 

grizzly man recensione

 
Recensione - Col consueto stile impeccabile e didascalico Herzog, affronta documentando e parafrasando in prima persona la parabola ascendente/discendente di Thimothy Treadwell, uomo che volle essere molte cose. Un attore, un narciso con l’ego ipertrofico, un ex consumatore di alcoolici, un clown sarcastico e poi un difensore ad oltranza dei Grizzly. Trovò il paradiso e l’esplosione del proprio egocentrismo in Alaska nella riserva dedicata agli orsi bruni (va segnalato: vivendo circoscritti godevano già di una forma di protezione). Uomo iconoclasta e borderline, viveva esibendo alla Forest Gump i propri confini tra follia e ragionevole occupazione/salvaguardia dei diritti degli animali. Confini molto labili e imprecisi, nel momento in cui sorpassò il punto di non ritorno. Nel delirio di amore e parossismo fu seguito da pa-  
 
recchi adepti: gli amici che raccontano di lui – come lui stesso – possiedono quella faccia squinternata e visionaria di chi ha ricevuto la folgorazione. Forse una visione del mondo distorta o forse illuminata. Non ci è dato saperlo. Herzog con Grizzly Man utilizza il registro del documentario narrato con inserti e testimonianze. La più eccentrica forse, è quella del coroner. Spiritato, racconta della ricostruzio-  
ne dell’aggressione. Perché come predetto da molti, Treadwell troverà la morte unitamente alla propria compagna, per mano della natura stessa che con così tanta pervicacia, volle custodire. Egli seguì la colonia di orsi per tredici anni prima di incappare nella violentissima fine che gli toccò. Nel frattempo era divenuto una specie di celebrità (lo si vede intervistato da David Letterman) e se al contempo ricercava disperatamente clamore, era capace di irridere tale status con la paranoia. Eccessivo, sopra le righe, fu mosso da un eccesso di sicurezza che lo portò a credere di essere diventato parte della vita degli orsi. Scelta che lo condusse ad abbassare le difese e le buone norme di convivenza e distanza da seguire. La visione di Herzog, a differenza del documentarista, è molto più realistica e immediata: il mondo, la natura sono luoghi di puro istinto e tutti siamo soggetti a queste imprescindibili leggi. Chi l’avrebbe mai detto.

(recensione di Daniela Losini )

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