GOMORRA
 

recensione: Gomorra

 
Nel 2006 uscì in libreria il libro inchiesta "Gomorra" scritto da Roberto Saviano. Un best seller internazionale, tradotto in 42 paesi e inserito dal NY Times e dall’Economist tra i libri più importanti del 2007. Solo in Italia ha venduto oltre un milione e 200 mila copie. L’indagine condotta da Saviano racconta vite di ordinaria camorra, puntando il dito soprattutto sulle conseguenze ambientali ed economiche di cui le cosche napoletane sono responsabili. Mattero Garrone, con la collaborazione dello stesso Saviano, ha realizzato una riduzione cinematografica, a breve in concorso a Cannes, raccontando 5 di quelle storie. Non si pensi ad una versione de "Il Padrino" in chiave napoletana. Non ci sono feste e patriarchi a cui chiedere favori. "Gomorra" ha tutto l’aspetto di un documentario dove si respirano polvere,  
 
umidità e degrado. Garrone porta la macchina da presa in un caseggiato di Scampia dove guardie armate, spesso bambini, vigilano e dettano legge. Lo spettatore meno sensibile faticherà ad entrare all’interno del film, sentendosi bombardato da immagini che mostrano un’umanità totalmente perduta, dove mazzette di soldi, droga e un lurido tetto sopra la testa contano più di qualunque altra cosa. Una  
dimensione incredibile che sembra finta tanto è cruda, eppure, con l’andare del film, quel mondo diventa sempre più reale e credibile. Senza rendersene conto ci si ritrova a non poter sbattere le palpebre e a capire che, fino a far comprendere che non c’è via di scampo perché siamo tutti responsabili. Le facce proiettate sullo schermo sono bellissime nella loro autenticità, abbruttite da una vita che non gli ha lasciato scelta. Impossibile pianificare il proprio futuro in maniera diversa, anche se sei un giovane di famiglia borghese che cerca lavoro, oppure un sarto che confeziona i propri abiti con amore. Le rapine, i ruoli nella gestione dei traffici illeciti, ma anche i lavori più onesti, sono gestiti da interessi economici e di potere, dove esistono solo due categorie di persone: gli amici e i nemici. Garrone entra direttamente dentro quel mondo, gli si avvicina piano piano, mettendo sempre in relazione l’ambiente circostante con le persone. L’uso della macchina a mano che resta sui volti e segue le conversazioni, in stile prettamente documentaristico, è spezzato talvolta da inquadrature più elaborate che ricordano allo spettatore di trovarsi al cinema a vedere un film. L’intento però non è quello di stemperare, ma di sottolineare la violenza. Una violenza che non è ottenuta solo con le pistole, ma che si regge innanzitutto sulla mancanza della speranza. Gomorra è un film importante, che entra nella pancia e difficilmente scivola via. Garrone ritrova una dimensione neorealistica che riesce a raccontare una scomoda verità davvero potente.



(recensione di Sara Sagrati )


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