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Il Dottor Pincus (Ricky Gervais) è, o meglio, is not a people person. Scontroso, cinico, disincantato, chiuso in se stesso e in quella grigia, mediocre trasparenza che solo una grande metropoli può regalare, vive le sue giornate lontano dalla più piccola gioia, dal più piccolo contatto con il prossimo. Il minimo che possa capitare a un tale individuo? Avere problemi intestinali, decidere di farsi operare, scegliere l'anestesia totale - questa volta fatale - e. morire per sette, lunghi minuti. Bertram impiegherà molto poco a capire che la sua breve visita nell'aldilà non è stata priva di 'incidenti' e che al suo ritorno si è portato dietro un fastidioso souvenir: il Dottor Pincus può vedere i fantasmi e ognuno di loro sembra volere qualcosa da lui. Il tema dei cosiddetti "unfinished buisness", le questioni in sospeso che ancorano i defunti al |
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mondo dei vivi impedendo loro di svolazzarsene nell'aldilà, non è certo nuovo e intonso. In tanti lo hanno maneggiato e se ne sono serviti, in particolar modo dagli anni '80 è stato cinematograficamente proposto più e più volte, prestandosi - vendendosi - a serie tivù e, persino, a cartoni animati: nessuno ha mai sentito parlare di "Ghost" e dell'accoppiata Swayze-Goldberg? Bene, ed era solo un |
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esempio. Niente di nuovo da questa commedia quindi? Forse sì, forse no. Perché si sa, basta a volte cambiare angolatura perché una vena asciutta si colmi nuovamente di idee. E "Ghost Town" con la sua leggerezza e velata - velatissima - drammaticità riesce nell'intento. Il Dottor Pincus - o 'pink ass ' come verrà più volte chiamato da Frank Herlihy (Greg Kinnear), suo tormento ultraterreno personale - scontrerà il suo modo di affrontare la vita con la sua nuova, (s)fortunata condizione, obbligato dal patto che lo vincola allo stesso Frank. Perdendo, strato su strato, la sua vecchia corazza per gioire di nuovo dei delicati e semplici contatti con l'umanità che lo circonda. Per amare, in fondo. Una commedia che fa sorridere, a tratti amaramente, ma non sbellicare, che induce a riflettere. E' anzi inaspettatamente scevra di luoghi comuni, soliti intrecci e consueti sviluppi: un film sulla fragilità della vita e sull'importanza degli affetti, dei legami apparentemente insignificanti che ci legano gli uni agli altri. Legami che, con il senno di poi - un 'poi' post-mortem, ultraterreno - sono chiari e drammaticamente irraggiungibili. "Ghost Town", prodotto da DreamWorks e Spyglass, sorprende positivamete. Il tono chiaro e semplice di una comicità insolita, per una pellicola americana, promette di regalare un sorriso in queste calde notti estive.
(di Marco Trani)
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