GENOVA
 
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Un tragico incidente stradale e la vita di una famiglia di Chicago si ferma, in bilico tra un dolore che sembra insuperabile e la voglia di andare avanti. Poi una chiamata dall'Italia, un'apparente fuga dai ricordi, da luoghi cari ma non più confortanti, poiché rimandano, minuto dopo minuto, all'intollerabile sconforto. La storia di "Genova" è dunque la storia dell'elaborazione di un dolore: padre e figlie, pur nella ricerca della propria strada individuale, vivono la sofferenza in simbiosi, in un limbo di emozioni e speranze che azzera gli equilibri familiari e ne prospetta di nuovi, sempre precari. Tale precarietà è accentuata da un senso di pericolo costante che incombe sulla loro nuova vita. La città con i suoi vicoli cupi, stretti e a volte inquietanti, simboleggia il labirinto emotivo in cui sono persi i tre, ora che hanno abbandonato le loro certezze, ora che  
 
hanno paura e vacillano verso un futuro in cui forse non credono più. Kelly, la maggiore, sceglie di abbandonarsi all'annebbiamento dei sensi, rifiuta la razionalità e la responsabilità sentendosi stata tradita da un destino che di logico ha ben poco. Mary è invece presa dal suo senso di colpa per essere stata la causa indiretta dell'incidente. Il dovere e la voglia di proteggere le proprie figlie anima Joe, lo guida verso una   recensione genova
ricerca di stabilità, verso il recupero di una visione più ottimistica dell'esistenza; compito non facile per chi non è esterno alla tragedia, ma ne condivide ogni più intima implicazione. Il processo di adattamento, più sociale per Kelly, più introspettivo per Mary, alla ricerca inconsapevole di una redenzione, sarà legato agli umori, ai colori e all'atmosfera della città; ma in fondo, nonostante il lutto, lo sbocco finale dei vicoli scuri e insidiosi è proprio sul mare.Winterbottom riesce a dirigere la storia in modo efficace, a tratti febbrile, se pur la trama, per quanto semplice e profonda allo stesso tempo, sia priva di intrecci e avvenimenti particolarmente originali. Appare doverosa una considerazione stilistica: l'uso continuo della camera in movimento, motivata dall'instabilità degli umori e dal processo di riadattamento dei protagonisti, si allinea con quella che attualmente più che una moda registica appare una scelta "collettiva" di comodo e alquanto rischiosa, poiché tende sempre più a trascurare la bellezza e l'equilibrio dell'inquadratura, a misconoscere la forza cinematografica dell'immobilità e del silenzio.

(di Lucio De Candia)


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