GAMER
 
locandina Gamer

recensione Gamer

 
Rollerball, L'implacabile, Death Race. Gamer non brillerà per essere una novità assoluta ma è un film che merita una qualche riflessione. Se finora infatti l'universo di riferimento delle pellicole succitate erano i programmi televisivi con i loro giochi al massacro in nome dell'audience senza scrupoli ora, col medesimo tasso di cinismo, ci si è spostati sul terreno dei videogame. Diretto e sceneggiato da Mark Neveldine e Brian Taylor, Gamer è un film ma è anche un videogioco, di cui utilizza la dinamica e anche l'estetica. Dimenticate Second life, dimenticate Gear of war. O meglio, teneteli presente ma immaginate che al posto di personaggi virtuali, di avatar, di replicanti conformi all'originale, vi siano persone vere, in carne ed ossa, comandate a distanza grazie a particolari cellule cerebrali modificate e impiantate  
 
direttamente nella corteccia. L'ultima novità seguita da milioni di persone è "Slayers" un tipico spara tutto dove Kable, alias un fisicatissimo Gerard Butler (fratello separato alla nascita di Francesco Totti) immerso in uno scenario urbano apocalittico sta per affrontare l'ennesima battaglia. Obiettivo: raggiungere l'ineguagliato traguardo delle 30 vittorie per aver salva la vita. Peccato per lui che il grande puparo, l'inventore   recensione Gamer
del gioco con il beneplacito del governo degli Stati Uniti, il mago dell'informatica Ken Castle, alias il protagonista di Dexter, Michael C. Hall (fratello separato alla nascita di Robbie Williams), abbia tutto l'interesse perche ciò non avvenga. Dietro alle consolle, nascosti nelle loro abitazioni ad interagire coi personaggi reali vi stanno ragazzini ricchi e annoiati, ciccioni immondi e depravati, debosciati di ogni sorta che infierendo sulle miserie altrui cercano di scongiurare le proprie. Gerard Butler ci mette i bicipiti, Michael C. Hall il ghigno beffardo. C'è anche Amber Valletta che ci mette il resto. Il duo alla regia ci mette azione, pathos ed effetti visivi e sonori di gran livello. Se vi state chiedendo perchè partecipare ad un gioco dove si rischia la morte provate a chiederlo allo Stephen King della Lunga marcia. Là non vi era nemmeno nessuna ricompensa. Qua, perché no, se si è dei condannati a morte e sul piatto della bilancia vi è la possibilità seppur remota della scarcerazione. Perché no, se si tratta di vivere una vita non tua dove qualcun altro prende le decisioni per te. In fin dei conti potrebbe anche essere un' esperienza liberatoria. Nessuno scandalo, è la legge della giungla, mors tua vita mea. Fantascienza? Se quasi contemporaneamente escono tre film (Il Mondo dei replicanti, Avatar e questo) sul tema del doppio (e il più carente è proprio il pluriosannato Avatar) che riflette la crisi d'identità dell'uomo contemporaneo in relazione con l'altro, con il diverso, col mondo circostante e che trova nei nuovi media - videogames in primis - sponde generose, qualche domanda forse dovremmo porcela. In una società che ha abolito qualsiasi moralità, in cui l'unica legge cui obbedire è quella del mercato, tutto è lecito, basta assecondare gli istinti di base, fama, vanità, egoismo. Ormai è roba acquisita, non si torna più indietro. Paul Virilio parla di arte dell'accecamento: non guardiamo più ma vogliamo essere guardati, coll'evidente paradosso che ne consegue. Al Grande Fratello un gruppo di individui si insultano, si tradiscono, si umiliano, si sputtanano (ma è vietato bestemmiare!) ogni giorno mentre alcuni altri milioni li guardano bramando di essere al loro posto. Fantascienza? Il futuro è adesso.

(di Mirko Nottoli)


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