FELIX E LA MACCHINA DEL TEMPO
 

- recensione -

 
Nel precedente “Felix il coniglietto giramondo” ad un coniglietto di peluche di origine teutonica succedeva di tutto. Incontrava tonti demoni verdastri, s’imbatteva in uno Jeti dal cuore d’oro, catturava folletti in una foresta norvegese ed era costretto ad affrontare tante altre traversie, prima di poter riabbracciare l’amata padroncina Sophie. In poco tempo il lungometraggio tratto dai libri di Annette Langen (venduti in tutto il mondo e tradotti in 22 lingue) diventa un vero must in Germania, in grado di trascinare più di un milione di piccoli tedeschi nelle sale. E, complice anche l’intento benefico – parte degli incassi sono stati devoluti alla campagna UNICEF “Uniti per i bambini, uniti contro l’AIDS” –, subito gli autori hanno pensato ad un seguito. Eccolo qui: “Felix il coniglietto e la macchina del  
 
tempo”. Questa volta il nostro eroe di pezza dovrà affrontare un viaggio a ritroso, dall’età della pietra all’antico Egitto, dall’epoca dei vichinghi al periodo feudale, sempre in compagnia della fedele valigetta dal disegno scozzese e senza mai privarsi del tenero fiocchetto rosso al collo. E anche questa volta alcuni personaggi famosi hanno offerto il loro aiuto per questo progetto italo-tedesco: Alessio  
Boni, Claudia Gerini, Maria Grazia Cucinotta. L’iniziativa di solidarietà è il motivo principale che potrebbe spingere ad accompagnare i bambini a vedere questo disegno animato, oltre al gusto di rincontrare un tratto grafico retrò in un’epoca di iperdigitalizzazione. Altri motivi sono difficili da rintracciare. Purtroppo (o per fortuna) il livello del cinema di animazione ha toccato dei livelli veramente eccelsi negli ultimi anni, sia in termini tecnici, sia sul piano narrativo e di spazio per film di stampo artigianale ne è rimasto piuttosto poco. In “Felix il coniglietto e la macchina del tempo” si sente lo sforzo di creare un prodotto buono indipendentemente dai fondi disponibili, non propriamente ingenti. Però il risultato non è tanto alto quanto il fine; né sul versante canoro, né tanto meno su quello narrativo, quest’ultimo viziato, tra l’altro, da delle inesattezze storiche da evitare (gli egizi che issano con disinvoltura le mastodontiche pietre per le piramidi con delle corde): i bambini sono intransigenti su questi dettagli! Un po’ meglio rispetto al precedente il sense of humour. Comunque lodevole l’impegno dei produttori, dell’Unicef e dell’ufficio stampa della Moviemax. Consigliato ad un pubblico che non superi i 7/8 anni.

(recensione di Marco Santello )

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