ERAGON
 

eragon recensione

 
La tradizione degli ultimi anni vuole che uno dei panettoni natalizi al cinema sia fornito sotto la forma del genere fantasy, con gli stessi ingredienti che sono alla base del Signore degli Anelli, della saga di Harry Potter, delle Cronache di Narnia, e di quant’altro. Eragon, da questo punto di vista, non vuole essere da meno; non manca quindi la diretta trasposizione cinematografica da un libro, (quello dell’italoamericano Christopher Paolini, testo che ha venduto milioni di copie sia in Italia sia in America), non manca il riferimento a tutta quell’iconografia e a quell’immaginario (perlopiù di origine medievale o di mitologia germanico-celtica) di cavalieri, elfi, mostri, streghe e incantesimi, demoni, mostri alati, re tiranni, vecchi saggi, nani e tanto altro; non manca la netta contrapposizione di stampo manicheo tra le forze del bene  
 
e quelle del male (in Eragon il cattivo è un cavaliere traditore convertitosi alle forze del malefico: Milton, chi era costui?). E cosa c’è di diverso allora, almeno rispetto ai Natali precedenti? La trama, neanche a parlarne, è scontata al punto tale che non vale neanche la pena citarla; la durata del film invece sì, è proprio un punto a vantaggio del film (due ore scarse, grazie al cielo…); e poi gli attori, illustri e celebri,  
rinomati e hollywodiani, come vuole ovviamente la tradizione natalizia appunto (Jeremy Irons, John Malkovich, il quale si presenta in due scene da trenta secondi scarsi e non di più, e il povero Robert Carlyle che abbandona il tanto lodevole impegno sociale alla Ken Loach per dedicarsi ad assumere le fattezze di un mezzo stregone diafano e impalpabile, smunto e anemico: chi glielo ha fatto fare?? I soldi, i soldi…). Ma gli aficionados possono stare tranquilli: per il prossimo anno sono quasi pronte altre novità (Stardust, con Michelle Pfeiffer nei panni di una strega centenaria) o sono sul punto di essere messe in forno per le feste del 2007 (Harry Potter e l’ordine della Fenice, La bussola d’oro con Nicole Kidman). Per fortuna, almeno sappiamo di che morte morire. Buon Natale.

(recensione di Michele Canalini)

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