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recensione due vite per caso
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Due vite per caso è l'opera prima del regista Alessandro Aronadio. Film che è stato presentato con successo di pubblico e critica all'ultimo Festival di Berlino e che uscirà nelle sale il 7 maggio in sole 20 copie.
La storia è una sorta di Sliding Doors all'italiana; ma più che concentrarsi sulle scelte che il protagonista, Matteo (Lorenzo Balducci) potrebbe fare, visualizza quello che, in realtà, è il Caso a proporre a questo giovane vent'enne. Un ragazzo come tanti, precario che lavora presso un fioraio, guadagnando 600 euro al mese (ed, in teoria, non potrebbe nemmeno lamentarsi). Una notte di aprile, mentre sta accompagnando un suo amico al pronto soccorso, tampona la macchina di due poliziotti in borghese, che pestano i due ragazzi senza una vera e propria motivazione. Ma se Matteo fosse riuscito a premere in tempo il pedale del |
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freno, la sua vita sarebbe stata diversa? Si, la sua vita sarebbe stata leggermente diversa. Avrebbe cambiato
lavoro, avrebbe scelto una ragazza diversa. Ma i suoi sentimenti e le sue idee sarebbero rimaste, inevitabilmente, le stesse. Liberamente ispirato da un racconto di Marco Bosonetto "Morte di un adolescente perplesso", il film esprime la condizione giovanile degli anni 2000. Giovani non ancora formati che cercano |
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sicurezze nel gruppo, omologandosi agli altri e nell'amore, che tuttavia non risponde alle loro esigenze. Si racconta dell'Italia, dove i giovani sono costretti ad una condizione di costante attesa, senza risposte in cui, purtroppo, spesso, si tende ad accettare tutto pur di sopravvivere. Osservazione sul precariato fotografato dagli occhi di un ragazzo estremamente silenzioso che cova dentro di sé un'enorme quantità di rabbia che poi, alla fine, sfocerà contro sé stesso. Al posto delle sue parole , ad urlare la sua ira è la musica, composta da Louis Siciliano. Musica tecnicamente complessa ma sufficientemente semplice da colpire i sentimenti primordiali dell'uomo. Alessandro Aronaldo, quindi, ci dà una sua interpretazione degli ultimi eventi che hanno caratterizzato la società dei giorni nostri (nel corso del film ci sono spesso riferimenti al G8 e alla morte di Raciti), sfruttando il mito di 'Aspettando Godot' e l'ultima scena del film più autobiografico di Fancois Truffaut, I quattrocento colpi dove il piccolo protagonista, Antoine Doinel, raggiunge alla fine la libertà e guarda diritto negli occhi lo spettatore con la sfacciataggine di chiedergli 'Con che coraggio ora potresti giudicarmi?'
Ed, in effetti, noi come potremmo mai giudicare le scelte di Matteo, un ragazzo come tanti costretto a sopravvivere..
(di Francesca Casella )
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