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recensione donne senza uomini
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Anche se in Iran, il cinema ha avuto un ampio spazio d'espressione dopo la morte del dittatore mistico Khomeini, denunciando pregiudizi, fanatismo religioso, prigionia delle donne ed altro, la neo regista iraniana Shirin Neshat, residente a New York da trent'anni, con una lunga attivitā di video artista, ha girato "Donne senza uomini", suo primo lavoro di regia in Marocco a Casablanca, naturalmente per motivi politici. Il film č tratto dall'omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur e narra la storia di quattro donne iraniane, avvicinate dal destino nell'estate del 1953, momento triste per la storia dell'Iran, che vide cadere la democrazia e l'instaurarsi della dittatura sotto il regime dello Shah
Reza Pahlavi. Munis è una giovane donna che s'interessa di politica e ascolta con passione le notizie sui disordini di Teheran, lottando con un |
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fratello religioso tradizionalista. Faezeh è amica di Munis e non teme di girovagare per le strade della città in preda ai tumulti. Zarin è un giovane prostituta, riluttante nell'accettare il proprio triste ed avvilente mestiere. E poi c'è Fakhri (Arita Shahrzad), donna piacente, sulla cinquantina, nauseata dal suo matrimonio ormai senza più sentimento. "Donne senza uomini", attraverso i volti di queste quattro donne, |
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racconta
i giochi politici sotterranei tramati dalla CIA per defenestrare Mohammad Mossadegh, primo capo di governo eletto democraticamente in Iran, segnando la fine della democrazia e la nascita dell'Iran come è oggi nello scacchiere mondiale. Un film denuncia, quindi. E non poteva essere altrimenti, visto che Shirin Neshat è una fotografa e video artista che guarda le complesse forze sociali e religiose che strutturano l'identità delle donne musulmane. Ora, oltre alla fotografia, Shirin Neshat ha voluto denunciare situazioni di donne iraniane, di soprusi sociali e politici, partendo dal cinema per arrivare alla realtà, ma dietro questa trova di nuovo il cinema, come direbbe Godard. Lo fa servendosi di un percorso che si chiude a cerchio, in una ricerca formale, certamente non senza una raffinata e sorprendente perfezione nelle inquadrature, dell'immagine, con cui la regista comunica sia una condizione femminile e sia una luttuosa e nefasta situazione sociale e civile. Il tutto giocando uno scambio fra reale ed immaginario, in una sovrapposizione di simboli e metafore a cui è profondamente legata la cultura araba e quella dei poeti iraniani. E' chiaro il riferimento simbolico alle opere poetiche di Hafez, poeta persiano medioevale, da cui Shirin Neshat trae il lirismo di alcune rappresentazioni sceniche in cui risaltano allusioni simboliche alla gioia, alla vita ed alla morte. Forse la regista, presa dalle sue possibilità espressive e creative per portare in luce le nefandezze politiche della sua terra iraniana, perde di vista di definire fino in fondo le identità di queste quattro donne, che costituiscono i soggetti principali del film. Peccato, perché resta comunque sospesa l'attesa, senza risposta, di un contatto più stretto con queste donne, di conoscere più dettagli sulle loro vite. "Donne senza uomini", resta comunque nella sua
interezza, un film interessante, ben composto, e di pregio artistico non usuale. A Venezia è stato premiato con il Leone d'argento per la migliore regia.
(di Rosalinda Gaudiano)
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