DISASTRO A HOLLYWOOD
 
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recensione disastro a hollywood

 
Hollywood: la mecca del cinema, città dorata dello star-system, capitale indiscussa delle produzioni su grande schermo che da sempre fa sognare gli amanti della settima arte... Ma che cos'è essenzialmente il cinema se non un mera fabbrica di soldi? E' questo il messaggio che lancia il nuovo film di Barry Levinson, Disastro a Hollywood. Adattamento romanzato dell'autobiografia di Art Linson (produttore di classici moderni come Heat o Fight Club) il film è un'analisi auto-critica ed auto-ironica dell'osannata industria cinematografica. La prima cosa che salta agli occhi è il cast, davvero stellare: da Robert DeNiro a John Turturro, da Sean Penn a Bruce Willis e poi ancora Kathrine Keener, Stanley Tucci, Micheal Wincott, Robin Wright Penn e chi più ne ha più ne metta, di certo si può dire che è stata una scelta  
 
azzeccata quella di inserirlo come film di chiusura dell'ultimo Festival di Cannes, così da tenere gli occhi aperti a giornalisti e fotografi. Con una regia effervescente il film ci racconta due settimane della frenetica vita di Ben (Robert DeNiro) un produttore cinematografico, ormai al declino della sua brillante carriera, alle prese con un nuovo film che si preannuncia un fiasco ed un secondo divorzio che non riesce ad accettare   recensione disastro a hollywood

circondato da eccentrici registi, glaciali distributori, agenti stressati e attori capricciosi. Il tutto è condito senza remore dei più abusati stereotipi su Hollywood ed una vena di narcisistico sarcasmo che forse può far sorridere soprattutto chi in quel mondo ci vive o in qualche modo vi è legato. La storia è incorniciata da una scena di un servizio fotografico di Vanity Fair e tutto ciò che succede in mezzo si divide tra la scoperta di Ben di essere stato scelto per il servizio sui "Grandi di Hollywood" ed il momento in cui verrà effettivamente scattata la foto ed è proprio qui che verrà fuori l'ironia che può riscattare un film che non ci dice niente di nuovo, basti pensare a "I protagonisti" di Robert Altman e alle altre innumerevoli pellicole che hanno raccontato i retroscena hollywodiani, allo stesso tempo auto-celebrandosi e sfatandone il mito. Non mancano però delle note positive. Innanzitutto Robert De Niro, che torna in gran forma dopo gli ultimi ingloriosi lavori riuscendo a regalare al suo personaggio un sarcasmo che soltanto pochi riescono a raggiungere. Ma anche gli alti interpreti non sono da meno, come Sean Penn e Bruce Willis che si fanno il verso nei panni di se stessi e un Turturro divertentissimo nel ruolo di un agente ipocondriaco terrorizzato dai suoi stessi clienti. Bella anche la colonna sonora che cita il mitico Ennio Morricone guardando con nostalgia alle grandi produzioni del passato. Ma se vi fosse rimasta ancora qualche illusione sull'integrità degli artisti di Hollywood, la morale è solo una: i soldi sono la vera anima di un film. In una scena, dove Ben si prepara ad un meeting nella sala d'attesa di uno studio il concetto si riassume: alle sue spalle troneggia il poster di un film con l'immagine dell'occhio di una gigantesca lucertola e sotto una cifra da capogiro "Niente regista, niente produttore, solo una cifra, una grande cifra" recita il disilluso produttore e tra qualche risata non ci resta che annuire e goderci lo spettacolo che nonostante tutto continua a meravigliarci.


(di Rosa Agusta)


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