DETECTIVE DEE - RECENSIONE
 
locandina detective dee
Locandina "detective dee"

detective dee - recensione

 
Hollywood fa male. John Woo ne sia una prova e il suo sodale Tsui Hark una conferma, loro che da Hong Kong sono partiti per gli States con la fama di “maestri” e lì giunti, uno, Hark, non ha trovato di meglio da fare che un filmaccio con Dennis Rodman, Mickey Rourke e Van Damme in cui alla fine fanno esplodere il Colosseo, mentre l’altro, il buon Woo, dopo Dolph Lundgren e il solito Van Damme, si è trovato a dover cantare gli ideali U.S.A. con Windtalkers e a grattare il fondo del barile con Ben Affleck in Paycheck. Roba che non si dimentica se ti resta un briciolo di dignità. Almeno Woo un capolavoro l’ha fatto (Face off, n.d.r.), l’altro nemmeno con il pensiero. Urgeva pertanto un rimedio, ossia l’allontanamento dalla California. Ritornati entrambi a casa, e l’aria di casa si sa, fa bene, a riprova che Hollywood fa male,  
 
Woo sfornava il kolossal “La battaglia dei tre regni” e sulla sua scia Hark metteva in cantiere questo “Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma”, presentato in anteprima al 67° Festival di Venezia, riproposto all'ultimo Future Film Festival di Bologna e ora finalmente e giustamente in uscita nelle sale. Ritrovato vigore, ispirazione e libertà espressiva (la prove tecniche di trasmissione le aveva fatte con   recensione detective dee
Seven Sword ma troppo a ridosso del periodo hollywoodiano non gli era venuto un granchè bene), anche Hark torna a mostrare quel che è capace di fare, dipingendo un grande affresco wuxia pian in cui si mescolano storia e leggenda, favola e tradizione, fantasia e grande avventura. Senza indugiare troppo su quella brodaglia pseudo Zen fatta di pugnali volanti, tigri e dragoni che tanto continua ad affascinare gli occidentali che si danno un tono mangiando sushi in ristoranti finto chic, Detective Dee può vantare magistrali scene d'azione al servizio di una trama gialla perfettamente congegnata che nascosta tra duelli all'arma bianca tra samurai e ninja implacabili, rivela un inaspettato retrogusto classico alla Agatha Christie con tanto di mistero e assassino da pronosticare. Di contorno la Cina del 690 d.C., la dinastia Tang, la prima donna imperatrice, la costruzione di una faraonica statua del Buddha a dominare la capitale. Imprigionato 8 anni prima dalla stessa imperatrice, Detective Dee (un fascinoso Andy Lau) verrà liberato per indagare su alcuni inspiegabili omicidi (la gente prende fuoco per autocombustione nel bel mezzo del giorno) che già stanno facendo tremare il palazzo, in un gioco intricato di congiure e sospetti, forze sovrannaturali e svariati nemici assetati di vendetta. Com'è nella “loro” migliore tradizione sarà una questione di sacrificio e onore, rispetto e lealtà, eroismi parossistici ma non pacchiani, romanticismi plateali senza apparire bugiardi. E ancora: scenografie sontuose, coreografie spettacolari, costumi regali, fuochi artificiali e piroette, magie e travestimenti degni di Lupin III, cambi di scena e colpi di scena affilati come una katana. Diamo pure il nostro più felice bentornato ad un altro maestro di Hong Kong (ormai manca solo Chow Yun-Fat).

(recensione di Mirko Nottoli)


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