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Premio Speciale della
Giuria all’ultima
edizione del Sundance
Film Festival, “Denti”
ha, almeno all’apparenza,
tutti i crismi del
film indipendente
“made in Usa”.
Racconta la provincia
bigotta, abitudinaria
e rassicurante dell’America
borghese e conservatrice
tanto cara a Bush.
Con pochi mezzi e
un impianto visivo
lineare, volutamente
spoglio, ci porta
nell’insignificante
piccolezza delle sue
esistenze (giovani
liceali, famigliole
allargate, perbenismo
diffuso). Ma il film
di Lichtenstein si
rivela presto ben
altro. Da commediuccia
familiar-sentimentale
si trasforma in una
sorta di horror-gore
quasi da anni cinquanta.
La pura fanciulla
Dawn non è
che la personificazione
del (macabro) mito
della vagina dentata.
Seguiranno, quindi,
cruente e dolorosissime
evirazioni: il sognante
e romantico Tobey,
il bullo Ryan, il
“diabolico”
fratel- |
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lastro
Brad.
Nessuno
ne uscirà
indenne,
perché
nessuno
può
aspirare
al ruolo
di salvatore
(nel
mito
solo
la passione
di un
eroe
poteva
sconfiggere
il vorace
organo
femminile).
Quello
di Lichtenstein
non
è
però,
contrariamente
a quanto
si potrebbe
pensare,
una
“boutade”
anacronistica,
un “divertissement”
godibile
e umoristico
ma fine
a se
stesso.
Si tratta
invece
di un
modo
accorto,
e in
fondo
non
privo
di |
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malinconia,
di mettere
in immagini
(quanto impossibili
e iperboliche?)
le pruriginose
paure dell’America
così
irrimediabilmente
e grossolanamente
teo-con (sembra
di assistere
ad un ritorno
degli, sessualmente
oltranzisti,
anni ottanta).
Un’America
che incita
e sostiene
gruppi come
quello di
Dawn (che
promuovono,
in modo ostentatamente
kitsch, la
castità
e la purezza),
che pone dorati
maxi-adesivi
sulle pagine
dei libri
di anatomia
(perché
la vagina
è ancora
un tabù),
che, prima
di tutto,
ha un irrefrenabile
desiderio
di provare
vergogna.
Sullo sfondo
della cittadina
di Dawn due
ciminiere
atomiche arricchiscono
simpsonianamente
il paesaggio.
Sono state
create al
computer,
ma è
un modo per
guardare con
dolcezza,
prima che
con disincanto,
il grande
paese d’oltreoceano
aggrapparsi
con tenacia
e frenesia
a “valori”
ormai consunti
e inutilizzabili.
Come se imporsi
la fatica
della purezza
della carne
fosse la chiave
per salvaguardare
la purezza
dell’anima.
Che invece
sembra sempre
più
persa per
sempre.
(di Mattia
Mariotti
)
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