DEFIANCE
 
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Si potrebbe dire che il generoso mare della cinematografia sia alimentato da una fitta rete capillare d'idee, spesso impercettibilmente diverse, che confluiscono e creano, di anno in anno, un numero impressionante e crescente di progetti artistici. Non è la sede per discuterne la quantità né la qualità, ma è importante rendersi conto che per ogni nuova proposta che si affaccia, corrisponde sempre un nuovo punto di vista attraverso il quale reinterpretare idee già esistenti. Le grandi arterie più abusate, quindi, nascondono ancora delle sorprese: credevate di conoscere a memoria scenografia, cast e copione della Resistenza? Beh, vi sbagliate, la Seconda Guerra Mondiale ha ancora i suoi assi e nel caso di 'Defiance - I giorni del coraggio' il risultato è particolarmente appassionante. Il film è tratto da un romanzo omonimo, che  
 
a sua volta è tratto da anni di ricerche, che a loro volta sono tratte dai ricordi sbiaditi di alcuni sopravvissuti e che, risalendo la china, sono tratti da un'esperienza atroce, perché vera. Cacciati e braccati, per un gruppo di ebrei in fuga guidati da due fratelli - Tuvia e Zus Bielski - i fitti boschi dell'entroterra polacco diventeranno un riparo e un mezzo di riscatto alla barbarie nazista che, nel 1941, travolge, come un'onda, le comunità   recensione defiance

ebraiche dell'Europa Orientale. Il mondo ha ascoltato la storia della sommossa del Ghetto di Varsavia e del suo salvatore Oscar Schindler, ma di una resistenza ebraica durata tre anni che ha preservato nei boschi la vita di 1200 anime si sapeva poco, e quel poco si è saputo tardi. Ma tutto questo è un'altra storia. Chiudendo parentesi, la pellicola è l'ultimo piccolo capolavoro di Edward Zwick - regista, produttore e sceneggiatore - conosciuto dal grande pubblico per 'Blood Diamond' e 'L'ultimo samurai' oltre che per un Oscar vinto alla fine degli anni '90. 'Defiance' è magistralmente diretto e ciò che colpisce, oltre a quella magia che ogni film "tratto da una storia vera" emana, è il lavoro coreografico atto a restituire la complessità della vicenda, dei sentimenti dell'intera comunità e delle tensioni tra fratelli. Un lavoro sicuramente riuscito, visto il compito di costringere in 120' più di un anno di guerra, reso, a volte, con minuzia documentaria. I piccoli néi riguardano soprattutto lo sviluppo a volte grossolano di alcune situazioni, ma sono trascurabili. In questi casi è legittimo chiedersi, ad esempio, se il ruolo di Tuvia calzi a Daniel Craig, che delle molte occasioni per rendersi versatile in un ruolo tutto nuovo, alcune risultano sprecate - ma nelle poche occasioni in cui si menano le mani, il biondo 007 restituisce una grinta hollywoodiana. Il resto del cast è invece eccellente, aderendo perfettamente ai ruoli. Un plauso particolare va a Zus (Liev Schreiber) la cui interpretazione splendida è in grado di sintetizzare la pesantezza, l'assurdità e l'amara ironia nascosta tra le trame della storia. Il film a tratti può commuovere, forse proprio in virtù della storicità dietro la pellicola, e, di fatto, è ben orchestrato, completo, coinvolgente. La sceneggiatura è ricca di tensione, rassegnazione, amarezza, violenza, ma anche coraggio e la cinica comicità che accompagna l'assurdità del genocidio. E' un film riuscito e che, lasciandosi guardare, può anche far riflettere.


(di Marco Trani)


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