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Una maledetta mezza
dozzina dei peggiori
criminali intergalattici
è rinchiusa
dietro le sbarre,
in una stazione spaziale
adibita a gattabuia
cosmica. Notte e giorno
i loro comportamenti/reazioni
vengono filmati da
telecamere a circuito
chiuso e divengono
oggetto di studio
per strizzacervelli
algidi e vigili. In
una parola: disumani.
Talmente insensibili
da considerare i detenuti
alla stregua di cavie
da laboratorio per
qualsiasi genere di
intervento invasivo.
Così, trapianti,
consunzioni e morti
fanno parte della
banale routine quotidiana.
Tutto cambia nel momento
in cui un silenzioso
prigioniero (Lambert
Wilson) dotato di
poteri taumaturgici
sale a bordo. All’interno
della stazione, qualcuno
saluta con gioia l’epifania
del nuovo messia e
qualche altro la maledice,
cercando di contrastare
in ogni modo il nuovo
arrivato. Fantascienza
filosofica |
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in salsa
CGI
per
un’opera
come
Dante
01 del
francese
Marc
Caro.
Trovata
interessante
(seppur
eccessivamente
battuta)
quella
di infarcire
la pellicola
di rime
e ritorni
legate
ad una
certa
religiosità
messianica.
Per
iniziare,
l’eroe
stellare
si presenta
sacro
(dal
latino
sacer)
in quanto
augusto,
venerando
e pronto
finanche
a divenire
un capro
espiatorio;
ma,
al contempo,
è
anche
esecrabile
e maledetto.
Tuttavia,
il regi- |
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sta di Delicatessen
non si accontenta
di allegorizzare
solo il protagonista.
Infatti, metonimici
e metaforici
risultano
essere quasi
tutti i personaggi
di Dante 01,
vedasi ad
esempio le
maschere verbali
piuttosto
esplicite
dei nomi di
tutti i carcerati,
che non a
caso si chiamano
come divinità
o personaggi
prestigiosi
della storia
(Cèsar,
Buddha, Rasputin,
Lazzaro, Attila,
Moloch, Saint
George). Se
non bastasse,
vi sono persino
astronavi
a forma di
croce, pose
plastiche
rinvenibili
in pale d’altare
e un fin troppo
compiaciuto
strizzar d’occhio
ai gironi
infernali
della Divina
Commedia.
Il povero
spettatore
non avvezzo
al genere
non saprà
guardare al
di là
del proprio
naso, riuscendo
a trovare
sì
e no qualche
archetipo
stilistico
in arcifamosi
serial televisivi
come Star
Trek o Spazio
1999. Dopo
di che, finirà
con l’annoiarsi
terribilmente
alla vista
di spazi claustrofobici
e ad un Lambert
Wilson che
si contorce
e attorciglia
come un ossesso,
neanche fosse
un attore
del teatro
povero di
Grotowsky.
Fortuna per
lui che il
lungometraggio
si riveli
estremamente
breve. Pertanto,
almeno a questo
target, ne
è fortemente
sconsigliata
la visione.
Al contrario,
il film risulterà
sicuramente
meno indigesto
a quel pubblico
di nicchia
che in passato
ha apprezzato
il Solaris
originale,
The cube o
il più
recente Sunshine.
(di Maria
Cristina
Caponi )
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01"! |
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