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Alain Resnais ancora
una volta, con questo
suo ultimo film “Cuori”
(Coeurs), cade perfettamente
in piedi, grazie al
suo straordinario
tocco da maestro.
Leone d’argento
a Venezia per la miglior
regia, “Cuori”
prende l’idea
da un copione teatrale
di un grande autore
londinese: Alan Ayckbourn.
Resnais, tenendo fede
alle tematiche che
sostanziano il suo
cinema, riesce ad
intervenire sul testo
londinese, ma nello
stesso tempo ne conserva
il dinamismo narrativo
innervato da quel
sottile filo psicologico
che accomuna i sette
personaggi coinvolti
nella narrazione.
Quindi l’ambientazione
londinese si sposta
sul territorio parigino,
nel quartiere grigio
surreale di Bercy,
in rapida espanione.
E’ nella vita
di tutti i giorni
che l’essere
umano è costretto
a mettere e togliere,
continuamente, quella
maschera che gli permette
rela- |
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zioni
sulla
base
di rapporti
formali,
per
nascondere
fragilità,
incertezze,
solitudini,
e desiderio
di cogliere,
da qualche
parte,
con
qualcuno,
una
parvenza
di possibile
felicità.
Così
è
per
Nicole
(la
bravissima
Laura
Morante),
che
è
alla
ricerca
di un
appartamento
da dividere
con
il suo
fidanzato
Dan
(Lambert
Wilson),
radiato
dall’esercito
e costretto
a passare
le giornate
in ozio,
in cerca
di lavoro.
Nicole
si imbatte
allora
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nell’anziano
immobiliare
Thierry (André
Dussollier),
che nutre
una profonda
ammirazione
per la sua
collega Charlotte
(Sabine Azéma),
e divide la
sua esistenza
con la sorella
Gaelle, cuore
solitario,
alla ricerca
ossessiva
di un uomo
fisicamente
apprezzabile.
Le storie
dei personaggi
si intersecano
come tessute
pian piano
in una trama
che li imprigiona.
Charlotte
conosce Lionel
(Pierre Arditi),
che fa il
barista in
un locale
di cui Dan
è assiduo
frequentatore,
e dal quale
lei si reca
ogni sera
per fare da
badante al
suo vecchio
e caustico
padre (settimo
personaggio
invisibile!)
malato ed
allettato.
La trama di
“Cuori”
ruota attanagliante
intorno a
questi sette
soggetti,
figli della
contemporaneità.
Ognuno di
essi ha dei
fantasmi,
soffocati,
gelosamente
imbrigliati
nell’inferno
del proprio
animo. Fantasmi
che inesorabilmente
si presentano
e ripresentano,
collocando
i soggetti
tra le mura
di una prigione
ideale, da
cui non riescono
o forse non
vogliono uscire.
Resnais usa
uno straordinario
ed inquietante
linguaggio
comunicativo.
Muri, tende
e pannelli
che si interpongono
tra i soggetti,
relegandoli
inesorabilmente
nella propria
dimensione
di individui
soli ed infelici.
C’è
chi affoga
il proprio
disagio nell’alcool,
chi invece
crede di uscire
dalla solitudine
ripiegando
su annunci
di cuori solitari,
e chi, nascondendosi
dietro una
facciata di
ancoraggio
ad una fede
ruffiana,
smaschera
morbosamente
e senza ritegno
il suo ego
malato, schizofrenico.
“Cuori”
può
definirsi
un film compiuto,
per i tempi
di scena,
la recitazione
gestita in
modo magistrale,
la scenografia.
La neve bianca
e soffice
che avvolge
una Parigi
invernale,
l’Avenue
de France
e la nuova
Bibliothèque
Nationale,
contrasta
con il tumulto
di sentimenti
umani che
“Cuori”
ci rimanda,
e forse Resnais
fa scendere
questa neve
per seppellirli
ulteriolmente.
Al contrario
la danza muta
di questa
neve, così
reale e suggestiva,
alla fine
regala un
languido,
profondo,
anche se amaro,
senso di pace.
(recensione
di Rosalinda
Gaudiano
)
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