CROSSING THE BRIDGE
 

crossing the bridge recensione

 
Con colpevole ritardo nella distribuzione, dal 1 Settembre è visibile nelle sale italiane questo piccolo gioiello che vede ricostituirsi la coppia Akin-Hacke. Fatih Akin, regista nato ad Amburgo ma di origini turche, e Alexander Hacke, musicista della band d'avanguardia tedesca Einstürzende Neubauten, divennero famosi con il bellissimo “La sposa turca”, Orso d'Oro al Festival di Berlino: un vero e proprio pugno nello stomaco, un film per palati forti che coinvolse (e sconvolse) come pochi altri. Intolleranza, razzismo, maschilismo, scontro di mentalità e di civiltà, conflitto di generazioni, anelito all’autoaffermazione, desiderio di libertà… erano i temi portanti di questa opera che si rifaceva a Brecth, a Fassbinder, alle tragedie greche armonizzando il tutto intelligentemente. Ritmo incalzante, uso formidabile della  
 
macchina da presa, colonna sonora non facilmente dimenticabile, invito alla discussione (attuale più che mai oggi che vede due mondi confrontarsi con tante incomprensioni e pregiudizi) caratterizzavano l’opera del 2003 e il tutto lo ritroviamo in questo “Crossing the Bridge“, presentato fuori concorso al 58° festival di Cannes. Akin & Hacke questa volta non ci raccontano una storia ma ci offrono un caleido-  
scopico ritratto di una città ponte tra Oriente e Occidente. Non un semplice documentario ma un mirabile affresco di una metropoli e dei suoi diciotto milioni di abitanti: una vera e propria dichiarazione d'amore a una realtà in continuo fermento, eternamente e misteriosamente affascinante. Un viaggio trascinante nella musica di una terra per tanti versi poco conosciuta, contaminata da mille influenze etniche, e dalle mille sfaccettature ("Istanbul –viene detto- è la città delle contraddizioni: vecchio e nuovo, brutto e bello, caldo e freddo, ricco e povero"): una musica che va dalla classicità all’avanguardia, dalla tradizione alla modernità più avanzata, dai suoni arabi ai suoni elettronici, dalle percussioni orientali allo stile dj, dal sufi alla discoteca (il film inizia con la celebre citazione di Confucio “quando arrivi in un luogo e vuoi comprendere la cultura che prevale, profonda o superficiale che sia, ascolta la musica che si suona lì. Allora imparerai tutto di quel posto”). All’anteprima nazionale avutasi ad ottobre dello scorso anno al cinema Massimo di Torino è stato detto: “Il film, già uscito nelle sale con successo sia in Germania che in Turchia, nato dalla collaborazione fra un emigrato di "seconda generazione" di Amburgo e un "autentico" berlinese, è una delle migliori dimostrazioni di quanto il cinema e la cultura possano contribuire al dialogo non solo fra comunità di immigrati e paese ospite, ma anche fra diversi paesi, allontanando il tanto paventato spettro dello scontro di civiltà”. Un film da vedere, un ritratto coinvolgente in cui memorie, passioni, ideali, energia, vitalità sono tutti da gustare e che mostra, come ha sottolineato un critico, che “la musica può essere e di fatto è ovunque, a cominciare dalla sonorità spontanea che tutto riempie di sé”. Si discute molto sia sul diritto di accesso o meno della Turchia in Europa, sia se civiltà diverse possano convivere senza distruggersi a vicenda ma anzi arricchendosi reciprocamente: con la sua visione di un mondo più aperto e tollerante, “Crossing the Bridge” mostra come l’equilibrio sia possibile. Che l’Oriente inizi in India e finisca a Istanbul, che l’Occidente inizi a Istanbul e finisca a Los Angeles è un’idea ricorrente... Lo stretto del Bosforo si ritiene sia stato creato dal diluvio universale: che unisca, invece di dividere, l’Asia dall’Europa?

(di Leo Pellegrini )

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